Franchisors: quali rischi legali e come evitarli
I franchisors possono essere esposti a rilevanti rischi legali, nei confronti dei propri affiliati o ex affiliati, dei propri competitors o delle Autorità, in gran parte derivanti dalla mancata ottemperanza alla previsioni della L. n. 129/2004 in materia di franchising. Tali rischi possono essere anche molto gravi, a tal punto da fare letteralmente collassare l’intera rete in franchising. E’ pertanto essenziale per ogni franchisor, in qualsiasi settore operi, assicurarsi che la propria rete operi in conformità alla normativa vigente, per evitare il sorgere di contenziosi o l’irrogazione di sanzioni, che possono danneggiare la rete o metterne a repentaglio la sopravvivenza sul mercato. Per ottenere tale risultato, è imprescindibile rivolgersi – in fase di start up della rete, o eventualmente anche successivamente – ad uno studio legale dotato di reale esperienza e specializzazione nel franchising. Analizziamo i fattori più rilevanti di rischio legale per le reti in franchising, fornendo alcune indicazioni ai franchisors per prevenire tali rischi in modo da preservare la rete.
1. I rischi legali per una rete in franchising: conoscerli per evitarli
Il franchising è un rapporto complesso, e può esporre i franchisors a rilevanti rischi legali, nei confronti dei propri affiliati (o ex affiliati), dei propri competitors o delle Autorità.
In gran parte, tali rischi derivano dalla mancata ottemperanza alle previsioni della L. n. 129/2004 in materia di franchising, e possono essere anche molto gravi, a tal punto da fare letteralmente collassare l’intera rete in franchising.
E’ pertanto essenziale per ogni franchisor, in qualsiasi settore operi, assicurarsi che la propria rete operi in conformità alla normativa vigente, per evitare il sorgere di contenziosi o l’irrogazione di sanzioni, che possono danneggiare la rete o metterne a repentaglio la sopravvivenza sul mercato.
Per ottenere tale risultato, è imprescindibile rivolgersi – in fase di start up della rete, o eventualmente anche successivamente – ad uno studio legale dotato di reale esperienza e specializzazione nel franchising.
In questo articolo, analizziamo i fattori più rilevanti di rischio legale per le reti in franchising, fornendo alcune indicazioni ai franchisors per prevenire tali rischi in modo da preservare la rete.
2. I rischi derivanti da carenza/insufficienza di know-how e/o mancata sperimentazione della formula commerciale, e come evitarli
Come (dovrebbe essere) ben noto, il know- how è uno degli elementi fondamentali che caratterizza una rete in franchising, insieme al marchio e ai prodotti/servizi forniti agli affiliati.
La L. n. 129/2004 prevede che il know-how di cui il franchisor è titolare deve possedere precisi requisiti, prescrivendo che esso debba essere:
- segreto, cioè “non generalmente noto né facilmente accessibile”;
- sostanziale, cioè deve comprendere le “conoscenze indispensabili all’affiliato” per svolgere l’attività;
- individuabile, cioè “descritto in modo sufficientemente esauriente”.
In sintesi, il know-how deve consentire agli affiliati in franchising di caratterizzarsi sul mercato e differenziarsi rispetto alla concorrenza; in una parola, il know-how che viene concesso in licenza ai franchisee deve essere in grado di far acquisire a questi ultimi un sostanziale e stabile vantaggio competitivo.
Se così non è – cioè se una rete in franchising risulta carente di un valido know-how – sorgono gravi rischi di contenzioso per l’intera rete in franchising. Infatti, la mancanza o carenza di tale elemento fondamentale è suscettibile di provocare la nullità del contratto di franchising (e quindi di tutti i contratti di franchising, ovvero il collasso dell’intera rete), con conseguente diritto degli affiliati di ottenere il rimborso di quanto versato al franchisor oltre al risarcimento del danno.
La giurisprudenza ha più volte sottolineato l’importanza del know-how nel franchising e le conseguenze che una mancanza/insufficienza di know-how per una rete in franchising. Ad esempio, il Tribunale di Bergamo nel 2019 ha accolto la domanda di annullamento di un contratto di franchising che era stata proposta da un affiliato ad una rete in franchising nel settore degli asili nido, al quale non era stato fornito alcun elemento che potesse avere le caratteristiche di un valido know-how.
Nella specie, il contratto di franchising conteneva solo un vago e generico riferimento a nozioni ed esperienza del franchisor, mentre il manuale operativo era stato consegnato agli affiliati solo molto tempo dopo la conclusione del contratto. Il contratto di franchising è stato quindi ritenuto nullo e il franchisor è stato quindi condannato a rimborsare all’affiliato l’importo della entry fee che era stata versata alla sottoscrizione del contratto.
Da evidenziare che nella sentenza il Tribunale osserva che la carenza di know-how in capo al franchisor deriva a sua volta dalla mancanza di una valida sperimentazione della rete in franchising. E’ in tale (importantissima) fase, infatti, che l’spirante franchisor deve testare “sul campo” la validità della propria formula commerciale, con un adeguato contratto di pilotage, apportando le opportune modifiche e migliorie e ponendo cos’ le basi per una solida e sicura crescita della rete, anche sotto il profilo legale.
La mancanza/insufficienza di know-how può inoltre costituire una ipotesi di pubblicità ingannevole. Ciò può far sorgere in capo al franchisor due ulteriori rischi:
- una sanzione irrogata dall’Autorità Garante della concorrenza e del Mercato (AGCM) per pubblicità ingannevole, ai sensi D.lgs. n. 145/2007;
- contenziosi promossi dagli affiliati (o ex affiliati) per l’annullamento del contratto e il risarcimento del danno, sulla base del provvedimento dell’AGCM che ha accertato la pubblicità ingannevole.
Spesso, peraltro, la mancanza del know-how non è fonte di contenzioso di per sé – in quanto difficilmente l’affiliato ha interesse a contestare al franchisor tale aspetto se il rapporto procede senza problemi ed è soddisfacente economicamente – ma lo può diventare successivamente, quando l’affiliato può invocare tale grave lacuna della rete per supportare le proprie pretese nei confronti del franchisor (ad esempio, per ottenere una cessazione anticipata del contratto cui non avrebbe diritto, in termini favorevoli).
La carenza di know how non è un aspetto facilmente rimediabile “in corso d’opera”, cioè dopo che la rete in franchising si è già sviluppata e i contratti con gli affiliati sono già stati sottoscritti. Ciò presupporrebbe infatti la possibilità di introdurre nuovi elementi sostanziali nel franchise concept, e quindi di rivoluzionare in buona misura l’intera rete; e comunque, la successiva introduzione di tali modifiche non potrebbe sanare la nullità iniziale dei contratti.
E’ quindi di fondamentale importanza porre molta attenzione alla valida configurazione del know how in sede di pianificazione iniziale della rete, cioè in sede di predisposizione dello studio di fattibilità e della successiva fase di sperimentazione.
In tale fase non soltanto dovranno essere attentamente valutati i requisiti affinché possa parlarsi di un valido know-how, ma dovranno altresì essere studiati e redatti con molta attenzione anche gli strumenti attraverso i quali il know how
viene trasferito (o meglio concesso in licenza) agli affiliati, ovvero la formazione e il manuale operativo.
In sintesi quindi, gli aspetti da considerare (come si è detto, in fase di pianificazione inziale della rete) per evitare rischi legali e quindi il sorgere di contenzioso sono essenzialmente i seguenti:
- accurata valutazione dei presupposti giuridici di validità del know-how;
- scrupolosa predisposizione del manuale operativo;
- attenta pianificazione dell’attività di
Inoltre, la formula commerciale deve essere adeguatamente sperimentata – prima di dare luogo alla vera e propria rete in franchising -attraverso un valido contratto di pilotage.
3. I rischi derivanti da inottemperanza agli obblighi precontrattuali previsti dalla L. n. 129/2004 e come evitarli
Come è noto, la L. n. 129/2004 prevede alcuni precisi obblighi informativi in favore degli aspiranti affiliati, che devono essere adempiuti dal franchisor prima che venga sottoscritto un contratto di franchising (o altro documento giuridicamente vincolante, come un contratto preliminare o un contratto di opzione).
La legge tutela infatti gli aspiranti affiliati – ritenuti contraenti deboli rispetto al franchisor – concedendo loro uno periodo di almeno 30 giorni prima di sottoscrivere il contratto di franchising, che serve a valutare attentamente l’affiliazione commerciale proposta, magari con l’ausilio di propri consulenti.
In sintesi, in base all’art. 4 della L. n. 129/2004, il franchisor ha l’obbligo di fornire all’aspirante affiliato, almeno 30 gg. prima della sottoscrizione del contratto:
- la copia completa del contratto di franchising (con tutti gli elementi previsti dalla L. 129/2004, tra cui l’indicazione degli investimenti;
- una serie di informazioni dettagliate circa l’oggetto della formula commerciale, il numero degli affiliati nella rete e la loro variazione, i procedimenti giudiziari etc.;
- ogni ulteriore dato o informazione che l’aspirante affiliato ritenga necessaria e utile.
Il franchisor può evitare di fornire tali informazioni solo qualora sussistano obiettive e specifiche esigenze di riservatezza, che devono essere indicate nel contratto (ad esempio con riferimento al know-how).
E’ sorprendente constatare come, a distanza di ormai molti anni dall’entrata in vigore della L. n. 129/2004, ancora molti franchisor non ottemperano, o ottemperano in modo non conforme a quanto previsto dalla normativa, agli obblighi informativi pre-contrattuali previsti in favore degli aspiranti affiliati dagli artt. 3 e 4 della L. n. 129/2004.
Eppure si tratta di obblighi relativamente semplici – che non dovrebbero presentare problemi particolari per un franchisor, se assistito da un valido consulente legale-la cui violazione espone i franchisor a conseguenze legali assai gravi, essendo prevista addirittura la nullità del contratto di franchising.
D’altra parte, la compliance a quanto previsto dalla L. n. 12/2004 (che in realtà non prevede molti obblighi in capo ai franchisor) è, al di là di un obbligo di legge, una prova di serietà e correttezza per ogni impresa franchisor: una sorta di biglietto da visita per una rete in franchising.
I Giudici hanno più volte sanzionato i franchisors per l’inottemperanza agli obblighi informativi previsti dalla L. n. 129/2004. Ad esempio, il Tribunale di Trento in una sentenza del 2014 ha accolto la domanda di annullamento di un contratto di franchising proposta da un affiliato ad una rete nel settore della distribuzione di prodotti per abbigliamento, al quale non era stata fornita la documentazione informativa pre-contrattuale prevista dalla L. n. 129/2004, condannando il franchisor a restituire all’affiliato l’importo della caparra che quest’ultimo aveva versato al momento della sottoscrizione del contratto.
Questa sentenza è rilevante anche per altri due motivi. In primo luogo, la causa nasceva da una opposizione a decreto ingiuntivo che era stata promossa dall’affiliato, al quale il franchisor aveva richiesto il pagamento del saldo della entry fee; in questo caso quindi il franchisor non solo non ha recuperato il credito vantato nei confronti dell’affiliato, ma ha dovuto anche restituire gli importi già riscossi. Ciò conferma che per un franchisor la conformità alla normativa vigente, e in particolare alla L. n. 129/2004 sul franchising, è essenziale anche per riuscire a recuperare i crediti nei confronti degli affiliati).
In secondo luogo, il Tribunale (conformemente a quanto ritenuto dalla giurisprudenza prevalente), ha affermato che era irrilevante il fatto che nel contratto di franchising fosse stato (erroneamente, o meglio falsamente) indicato che l’informativa pre-contrattuale era stata consegnata all’aspirante affiliato nel termine previsto dalla L. n. 129/2004, in quanto tale dichiarazione – in quanto tra l’altro contenuta in moduli contrattuali standard predisposti dai franchisors – non ha valore confessorio. Ciò significa che le informazioni pre-contrattuali previste dalla legge sul franchising devono essere effettivamente fornite all’aspirante affiliato prima della conclusione del contratto di franchising; il fatto che nel contratto sia espressamente indicato che tali informazioni sono state consegnate non vale a sanare una eventuale lacuna in tal senso, né ad evitare l’annullamento del contratto.
Come accade anche per il know-how, anche l’inottemperanza a tali obblighi generalmente non è fonte di contenzioso di per sé (dato che difficilmente l’affiliato ha interesse a contestare tale inadempienza se il rapporto procede bene e senza problemi), ma lo può diventare successivamente in quanto l’affiliato, dopo aver sottoscritto il contratto, può invocare tali inadempienze per difendersi dal franchisor (magari in sede di recupero crediti) o per supportare le proprie pretese al risarcimento danni, per altre ragioni (magari per la mancata redditività dell’attività).
E’ quindi di fondamentale importanza per i franchisors conformarsi scrupolosamente agli obblighi previsti dalla L. 129/2004, avvalendosi della consulenza di un legale esperto in franchising e conseguentemente:
- fornire all’aspirante franchisee informazioni aggiornate, complete e veritiere, nei termini previsti della n. 129/2004;
- fornire all’aspirante franchisee 30 gg. prima della firma anche la copia completa del contratto di franchising, e in caso di modifiche rilevanti, attendere 30 gg. prima della firma;
- limitare il diniego di informazioni a motivi veri e seri di riservatezza, indicandoli nel contratto.
Inoltre, nell’ottica di prevenire eventuali future contestazioni da parte dell’affiliato, è opportuno per il franchisor:
- prestare attenzione alle richieste di informazioni del franchisee e documentare le relative risposte;
- documentare le ragioni di riservatezza per cui si è eventualmente evitato di fornire informazioni all’aspirante franchisee;
- una volta concluse le trattative – e comunque almeno 30 gg. prima della firma del contratto di franchising – far sottoscrivere all’aspirante affiliato un apposito documento nel quale si dà atto che lo stesso ha ricevuto il contratto e i documenti informativi previsti dalla L. n. 129/2004.
3. I rischi derivanti dall’inadempimento di obblighi contrattuali da parte del franchisor e come evitarli
Un ulteriore rilevante rischio legale per i franchisors è quello che deriva dall’inadempimento degli obblighi contrattuali previsti in capo agli stessi dal contratto di franchising. Anche se generalmente i contratti di franchising prevedono obblighi contrattuali molto più nutriti e penetranti in capo agli affiliati, gli stessi contengono anche una serie più o meno ampia di obblighi anche in capo all’affiliante.
Statisticamente, le inadempienze contrattuali più frequentemente commesse dal franchisor consistono in:
- mancata/inesatta erogazione all’affiliato di servizi contrattualmente previsti (ad esempio. assistenza start up, marketing, etc.);
- mancata/inesatta fornitura di merce all’affiliato (ad esempio, prodotti consegnati in ritardo o non conformi a quelli ordinati dall’affiliato);
- mancata/inadeguata erogazione della formazione all’affiliato (iniziale o continuativa);
- violazione dell’esclusiva di territorio assegnata all’affiliato.
In questi casi, nonostante che nei contratti di franchising generalmente non sia prevista, in di inadempimenti imputabili l franchisor, la risoluzione immediata e automatica del contratto (tramite clausola risolutiva espressa, ai sensi dell’art. 1456 c.c.) – a differenza di quanto è invece previsto per le inadempienze contrattuali del franchisee – qualora le inadempienze dl franchisor siano gravi (come ad esempio nel caso di violazione dell’esclusiva), il franchisee può comunque chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento imputabile al franchisor (art. 1455 c.c.), oltre al risarcimento dei danni subìti.
Dunque il franchisor, per evitare contenziosi che potrebbero avere un esito negativo – danneggiando anche l’intera rete sotto il profilo del danno di immagine – deve porre molta attenzione nello scrupoloso adempimento dei propri obblighi contrattualmente previsti.
Ciò non soltanto perché si tratta di obblighi contrattuali – al cui adempimento il franchisor è tenuto – ma anche perché tale comportamento denota la correttezza e la serietà del franchisor (e quindi della rete). Non dimentichiamo che il franchising si caratterizza rispetto ad altri contratti commerciali (come ad esempio i contratti di concessione di vendita o di licensing) anche sotto il profilo dei servizi (in particolare di formazione e assistenza) che il franchisor eroga in favore degli affiliati, e che giustificano il pagamento da parte di questi di entry fee e royalties.
Per evitare di incorrere in contenziosi ricollegabili a inadempienze del franchisor, Il primo suggerimento è di inserire nel contratto l’erogazione di servizi al franchisee solo qualora il franchisor sia effettivamente in grado di prestarli (ovvero possieda la necessaria organizzazione, capacità, competenza etc.), per evitare di trovarsi di fronte a possibili contestazioni circa la mancata o inesatta erogazione degli stessi.
Il secondo suggerimento è quello di limitare il più possibile le prestazioni contrattuali in favore degli affiliati, e comunque di descrivere con precisione tali prestazioni. Troppo spesso infatti ci si imbatte in clausole contrattuali in cui il franchisor eroga genericamente (e “generosamente”) in favore dell’affiliato una serie molto vasta di servizi (ad esempio di assistenza finanziaria, marketing, gestionale, etc. etc.); tali clausole possono rivelarsi clamorosi boomerang per il franchisor in caso di contestazione da parte del franchisee. Non dimentichiamo che il contratto di franchising non è uno strumento pubblicitario!
Infine, è opportuno (anzi necessario) documentare il più possibile tutto ciò che si riferisce all’adempimento degli obblighi contrattuali in capo al franchisor e conservare attentamente tale documentazione (pensiamo ad esempio alla documentazione attinente l’erogazione della formazione, la prestazione di servizi di assistenza in fase di start up. E così via). Infatti, in caso di contenzioso, qualora il franchisee contesti l’inadempimento del franchisor, sotto il profilo è quest’ultimo che deve dimostrare l’avvenuto adempimento; qualora non riesca a fornire tale prova, verrà considerato inadempiente, con tutte le conseguenze del caso.
4. I rischi derivanti dall’inadempimento di obblighi contrattuali da parte del franchisee e come evitarli
L’inadempimento degli obblighi previsti in capo agli affiliati dal contratto di franchising non costituisce di per sé un vero e proprio rischio per il franchisor, ma può diventarlo, qualora:
- sorgano troppi contenziosi nella rete derivanti da tale causa;
- tali contenziosi non vengano gestiti in modo ottimale dal franchisor.
Per una rete in franchising, un certo grado di contenzioso contro gli affiliati, derivanti da inadempienze contrattuali di questi ultimi, è fisiologico e in un certo senso inevitabile; ma quando il contenzioso assume dimensioni eccessive, è il segno che qualcosa nella rete o nel contratto di franchising utilizzato dal franchisor non va.
Statisticamente, l’inadempimento dei franchisee più ricorrente è quello consistente nel mancato pagamento delle royalties (o dei prezzi di acquisto dei prodotti). In effetti, il recupero crediti nei confronti degli affiliati costituisce un motivo sempre crescente di contenzioso nel franchising, soprattutto a seguito dell’attuale crisi economica causata dalla pandemia Covid-19.
Il mancato pagamento del corrispettivo da parte dell’affiliato è in generale legato al verificarsi di due situazioni:
- in sede di avvio dell’attività in franchising (start up), dagli investimenti sostenuti inizialmente dall’affiliato e dagli scarsi introiti inizialmente derivanti dall’attività;
- nel corso del rapporto, da situazioni di tensione finanziaria, legate alle sfavorevoli condizioni di mercato o di eventi inattesi (come recentemente la pandemia Covid-19).
Quando tali contenziosi iniziano a superare una soglia di “normalità” (ad esempio, interessa oltre il 10% degli affiliati alla rete), il franchisor dovrebbe adottare una serie di misure, finalizzate a ridurre l’insorgenza di tale contenzioso nella rete. La prima indicazione per cercare di prevenire tale tipo di situazioni consiste nell’adottare una strategia aziendale per far sì che gli affiliati possano svolgere la propria attività in modo redditizio, e quindi:
- in fase iniziale del rapporto di franchising, specialmente quando l’affiliato ha scarsa esperienza o le condizioni di mercato non sono vantaggiose, il franchisor dovrebbe prevedere royalties e/o margini di prezzo ridotti, anche in rapporto a quanto già versato dall’affiliato a titolo di entry fee e/o agli investimenti sostenuti, in modo da incoraggiare l’affiliato ed evitare il sorgere di situazioni di conflittualità.
- a regime, il franchisor dovrebbe prevedere royalties e/o margini di prezzo realistici, alla luce delle effettive condizioni di mercato, in modo da permettere un margine di guadagno effettivo e sufficiente per l’affiliato.
Il secondo suggerimento è quello di monitorare attentamente e costantemente la situazione finanziaria dei franchisee. In tal senso, è opportuno:
- qualora siano previste royalties variabili (in funzione del fatturato), prevedere nel contratto di franchising la possibilità di del franchisor di effettuare audit, regolamentando altresì le conseguenze in caso di scostamento tra dati accertati e comunicati dall’affiliato (ad esempio, prevedendo che in caso di scostamenti inferiori al 5% il costo dell’audit è a carico dell’affiliato, e prevedendo in caso di scostamenti superiori a tale soglia una clausola penale, fino alla risoluzione del contratto).
- in ogni caso, valutare tempestivamente e analiticamente l’effettiva situazione finanziaria dell’affiliato e le reali ragioni della mancata redditività dell’affiliato.
- adottare una serie di iniziative per migliorare la redditività dell’affiliato (ad esempio: migliorare la politica promozionale/pubblicitaria; rivedere i costi dei prodotti/servizi agli affiliati e al mercato; suggerire risparmi di costi all’affiliato es. sul personale; ideare nuovi prodotti/servizi etc.).
Un altro, consistente filone di conflittualità nelle reti in franchising deriva dal fatto che l’affiliato non consegue dalla propria attività la redditività che si attendeva, o che gli era stata prospettata dal franchisor prima di sottoscrivere il contratto.
Molto spesso, questa situazione nasce dal business plan che viene spesso consegnato dal franchisor all’aspirante affiliato – spontaneamente, in quanto non vi è alcun obbligo di legge per il franchisor a fornire tale documento, che non rientra tra gli obblighi informativi previsti dalla L. n. 129/2004 – e che contiene dati o previsioni di fatturato che poi, puntualmente, non si realizzano, per vari motivi.
Anche se, in linea generale, la mancanza di redditività dell’attività del franchisee non può essere mai imputata al franchisor – dato che l’affiliato è un imprenditore che sopporta il rischio d’impresa – – e dunque il franchisor non è in linea di massima responsabile nei confronti del franchisee qualora quest’ultimo non consegua effettivamente i profitti che erano stati pervisti nel business plan, la mancata realizzazione delle previsioni di un business plan può comunque porre il franchisor in una situazione di rischio.
Ciò accade quando il business plan consegnato al franchisee contenga dati o informazioni inesatte, incomplete o addirittura false. In questo caso, dato che il franchisee inevitabilmente fa affidamento sul business plan nel corso delle trattative – ed anzi si tratta di un elemento spesso determinante a spingere un soggetto ad affiliarsi ad una determinata rete in franchising – lo stesso può ottenere l’annullamento del contratto di franchising per dolo o errore, con conseguente risarcimento del danno, qualora riesca a dimostrare di essere stato tratto in inganno o in errore.
Inoltre, il business plan è considerato uno strumento pubblicitario, e in quanto tale è soggetto alle valutazioni dell’AGCM; un business plan contenente affermazioni non veritiere circa i profitti derivanti dall’affiliazione commerciale potrebbe quindi essere considerato pubblicità ingannevole, ed esporre il franchisor a sanzioni pecuniarie anche elevate, oltre che a pubblicità negativa (dato che i provvedimenti dell’AGCM vengono pubblicati sul sito web dell’Autorità e di essi viene data ampia diffusione sui media), con le conseguenti ricadute sull’immagine del brand.
Ed infatti, già in numerosi casi, l’AGCM ha comminato sanzioni a vari franchisors per avere generato con messaggi pubblicitari ingannevoli di vario tipo false aspettative in capo agli aspiranti affiliati circa i risultati economici realizzabili attraverso l’affiliazione, ad esempio prospettando guadagni “certi” quando invece gli stessi erano in realtà altamente incerti, in quanto dipendevano dalle più diverse variabili.
Inoltre, i provvedimenti dell’AGCM che accertino l’ingannevolezza di un business plan potrebbero essere sfruttati dagli affiliati davanti all’Autorità giudiziaria per ottenere l’annullamento del contratto di franchising e il risarcimento del danno, dato che le risultanze dell’Autorità costituiscono un indizio molto rilevante, che non può non influenzare un giudice.
Dunque, è importante per evitare situazioni di contenzioso predisporre un business plan, e più in generale un materiale pubblicitario, corretto, attendibile e veritiero, evitando che esso possa costituire fonte di affidamento per gli affiliati circa i risultati della propria attività e vincendo la naturale tendenza a “magnificare” oltremodo la convenienza ad affiliarsi ad una data rete.
Certo, si tratta pur sempre di pubblicità, e si sa la pubblicità deve essere allettante; ma attirare decine o centinaia di affiliati con una pubblicità “gonfiata” rischia poi di rivelarsi un boomerang quando i risultati promessi e pubblicizzati non arrivano. Molto meglio quindi ancorarsi a dati corretti e veritieri; il che è indice tra l’altro di serietà per qualsiasi rete in franchising.
Inoltre, sempre in un’ottica di prevenire eventuali liti, è opportuno:
- consegnare un business plan solo se si hanno dati certi e dimostrabili; nel dubbio, fornire dati conservativi e prudenziali piuttosto che troppo ottimistici;
- chiarire con appositi warning che si tratta di mere previsioni e non di dati certi e vincolanti (dato che la redditività dell’attività dipende da molte variabili indipendenti dal franchisor, quali zone di mercato, andamento generale del mercato, attività della concorrenza, capacità dell’affiliato etc.);
- inserire dati non astratti o generici ma tarati sulla effettiva situazione concreta del singolo franchisee (mercato, location etc.);
- in caso di scostamento, analizzarne con il franchisee le ragioni con atteggiamento collaborativo e monitorare l’andamento del franchisee nel tempo.
Vi sono, infine, una serie di possibili inadempienze contrattuali da parte degli affiliati attinenti alla conformità rispetto agli standard strategici, operativi e commerciali che contraddistinguono la rete (generalmente indicati nel contratto e/o nel manuale operativo), quali ad esempio il rispetto di determinati standard di arredo, di politiche commerciali, di politiche di prezzo, etc. Il rispetto di tali standard è molto importante, in quanto finalizzato a preservare l’uniformità di immagine della rete agli occhi del pubblico.
Il rispetto di tali standard deve essere garantito attraverso una accurata redazione della clausole del contratto di franchising, il cui rispetto deve essere assicurato attraverso la previsione di opportune tutele per il franchisor (quali una clausola risolutiva espressa, la possibilità di sospendere forniture/servizi in caso di inadempienza del franchisor, clausole penali congrue, garanzie personali o bancarie, etc.).
Tuttavia, è opportuno non eccedere nella previsione di tali clausole; il contratto di franchising deve essere equilibrato, cioè deve tutelare sì gli interessi del franchisor, ma senza essere eccessivamente e ingiustificatamente vessatorio nei confronti dell’affiliato.
Un contratto ingiustificatamente squilibrato a favore del franchisor, oltre a costituire un incentivo al contenzioso per l’affilato, può essere foriero di un ulteriore rischio, in quanto potrebbe essere ritenuto nullo per abuso di dipendenza economica del franchisor ai danni del franchisee.
5. I rischi derivanti dallo svolgimento di attività concorrenziali da parte degli (ex) affiliati e come evitarli
Un filone ricorrente di contenzioso all’interno delle reti è costituito dalla violazione degli obblighi di concorrenza previsti a carico dell’ex affiliato. E’ infatti abbastanza raro che l’affiliato violi tali obblighi nel corso del rapporto; più frequente il caso in cui la violazione avvenga dopo lo scioglimento del contratto (per qualsiasi causa esso avvenga: termine naturale, cessazione anticipata, risoluzione).
Frequentemente vengono infatti inseriti nei contratti di franchising patti di non concorrenza post-contrattuale, che obbligano l’affiliato a non esercitare attività identiche o similari a quelle svolte quando era parte della rete, sia direttamente che indirettamente, per un certo periodo dopo lo scioglimento del contratto.
Questa clausola è importante per i franchisors, in quanto li tutela rispetto al possibile sfruttamento da parte dell’ex affiliato del know-how che gli era stato concesso in licenza quando faceva parte della rete in franchising. Al tempo stesso, tuttavia, l’obbligo di non concorrenza post- contrattuale è spesso fonte di contenzioso e di rischio per i franchisors.
I contenziosi per lo più nascono dal fatto che gli affiliati – che spesso non si rendono conto dell’esistenza di tale obbligo al momento della sottoscrizione del contratto, ma solo quando lo stesso cessa – si ritrovano, al termine del contratto, di fatto privati della possibilità di esercitare l’attività che svolgevano in precedenza quando facevano parte della rete, attività che magari era l’unica che gli stessi sono in grado di svolgere, o per la quale comunque hanno sostenuto ingenti investimenti. Per tale motivo, gli affiliati, non potendo rinunziare ad esercitare l’attività in concorrenza, cercano in ogni modo di contestare la validità del patto.
Che fare per evitare questo tipo di contenzioso, e/o risolverlo efficacemente? I suggerimenti che si possono fornire in proposito ai franchisors sono tre.
In primo luogo, è opportuno limitare l’inserimento nei contratti di franchising di tale clausola ai casi in cui è veramente importante e/o indispensabile per il franchisor, cioè per tutelare il know-how. Non sempre i contratti di franchising prevedono un obbligo di non concorrenza post-contrattuale, ad esempio nel franchising di distribuzione.
In secondo luogo, è essenziale prevedere (nel contratto) una clausola lecita, cioè conforme alla normativa (non solo e non tanto italiana, quanto comunitaria: di qui l’importanza di consultarsi con un legale esperto in franchising. In sintesi, ai sensi del Regolamento CE n. 330/2010 (che si applica qualora un contratto di franchising abbia effetti rilevanti sul mercato italiano, ovvero quasi sempre), un patto di non concorrenza post-contrattuale è legittimo solo se:
- è necessario per la protezione del know how del franchisor (vedi sopra);
- si riferisce a beni o servizi in concorrenza con quelli oggetto del contratto di franchising;
- è limitato ai locali in cui il franchisee ha operato durante il contratto;
- non ha durata superiore a 1 anno dopo il termine del contratto.
Se il patto di non concorrenza post-contrattuale è valido, può essere utilmente azionato in giudizio in via cautelare urgente ex art. 700 C.p.c., ottenendo una inibitoria contro l’ex affiliato (il che significa che l’ex affiliato non potrà più continuare ad esercitare l’attività concorrenziale). Potranno inoltre essere chiesti i danni, in un separato giudizio ordinario di merito.
Infine, può essere opportuno prevedere (nel contratto) una via di uscita, cioè un exit per l’affiliato, in modo che quest’ultimo, se desidera (o ha la necessità di) svolgere la stessa attività dopo lo scioglimento del rapporto, non abbia solo l’alternativa del contenzioso: ad esempio, può essere opportuno prevedere la possibilità di sciogliersi da tale vincolo pagando una penale, purché non eccessiva (altrimenti l’obiettivo non è raggiunto).
6. I rischi da contraffazione del marchio e come evitarli
Un’altra ipotesi che si verifica abbastanza frequentemente è quella in cui l’ex affiliato, oltre a continuare ad esercitare attività analoga a quella svolta nella rete, utilizzi un marchio simile a quello del franchisor. Il marchio di cui è titolare il franchisor può essere altresì contraffatto anche da terzi, cioè da competitors (ad es. altre reti in franchising, o altri imprese in generale).
Questa rischio è molto grave e pericoloso per il franchisor, in quanto può danneggiare molto seriamente la rete. Per evitare questo rischio, il franchisor ha a disposizione uno strumento efficace, ovvero l’azione inibitoria cautelare urgente ai sensi dell’art. 700 C.p.c., che può consentire di impedire all’ex affiliato o al competitor di utilizzare il marchio, attraverso appunto una inibitoria, che può essere ottenuta in tempi brevi.
Tuttavia, affinché ciò accada, occorrono alcuni presupposti. Anzitutto, il marchio registrato dal franchisor non deve essere simile ad altri marchi già registrati da altre imprese in precedenza, per una categoria merceologica identica o simile a quella oggetto della rete in franchising. Ciò presuppone che venga effettuata, in sede di registrazione del marchio, una opportuna ricerca di anteriorità, in modo da eliminare o comunque ridurre sensibilmente il rischio di subire azioni legali da parte dei titolari di altri marchi.
Poiché tale ricerca non viene effettuata “in automatico”, dall’ufficio marchi italiano (così’ come dalla maggior parte degli altri uffici nazionali marchi), è opportuno che il franchisor, prima di registrare il marchio, si rivolga rivolgersi ad esperti qualificati del settore, in grado di avvalersi anche di banche dati private e suggerire la strategia di tutela più opportuna (ad esempio, modificando in tutto o in parte il marchio che si ha intenzione di registrare, o selezionando in modo appropriato le classi merceologiche). La ricerca di anteriorità sul marchio infatti è notevolmente complessa, in quanto accertare quando un marchio può definirsi “simile” ad un altro è spesso difficile dal punto di vista tecnico.
Inoltre, anche dopo la registrazione del marchio, è opportuno monitorarlo per assicurarsi che altri soggetti (competitors, ex affiliati etc.) non stiano registrando marchi identici o simili; tale controllo viene effettuato ricorrendo ad un servizio di sorveglianza offerto da consulenti specializzati.
In secondo luogo, occorre cercare di registrare un marchio “forte”, cioè un marchio che utilizzi parole o figure che non hanno relazione con il prodotto o servizio contraddistinto dal marchio stesso, ovvero denominazioni generiche o parole di uso comune modificate e/o combinate tra loro in maniera fantasiosa e non descrittiva. Infatti, in tal modo il franchisor può tutelare il proprio marchio anche nei confronti di marchi altrui contengono variazioni anche minime rispetto al proprio.
Viceversa, quando un marchio è debole, cioè ha bassa capacità distintiva, in quanto descrittivo della natura o qualità di un prodotto, sono sufficienti lievi modifiche allo stesso da parte dei terzi per evitarne la confondibilità, e quindi per essere legittimamente utilizzato dagli stessi. In tal caso, è molto più difficile e complesso per il franchisor riuscire a tutelare il proprio marchio rispetto a marchi simili utilizzati da ex affiliati o competitors.
Da notare che un marchio è considerato “forte” anche se, pur essendo descrittivo, ha raggiunto un certo grado di rinomanza, cioè è conosciuto da una parte significativa del pubblico interessato ai prodotti o servizi contrassegnati dal marchio stesso; tale effetto può essere per lo più conseguito dal franchisor attraverso una serie di investimenti pubblicitari, realizzati nel tempo per promuovere il marchio.
Anche la scelta del marchio da registrare sotto il profilo della capacità distintiva e/o l’individuazione delle strategie opportune per pubblicizzarlo sono attività molto importanti ci fini della tutela ottimale del marchio, per le quali è opportuno che i franchisors si rivolgano ad esperti del settore.
Avv. Valerio Pandolfini
Avvocato Consulenza legale Franchisor
Abbiamo una vasta esperienza nella consulenza e assistenza legale nel franchising.
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