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franchising integrazione aggregazione imprese

Il know-how nel franchising

10 Maggio 2021/in Contratto franchising, News

Il know-how è un elemento di fondamentale importanza nel franchising. Esso costituisce il principale elemento che consente all’affiliato di godere in modo stabile di un vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza. Può avere un contenuto molto vario, in relazione ai diversi settori nei quali il franchising si applica. Il know-how deve essere dotato di precisi requisiti, previsti dalla L. n. 129/2004, per essere valido e tutelabile. Tali requisiti devono essere quindi esaminati e verificati con grande attenzione in sede di start di una rete in franchising, in quanto la loro eventuale carenza può compromettere l’intera rete in franchising. I principali strumenti con i quali il know-how viene concesso in licenza agli affiliati sono il manuale operativo e la formazione. Il know-how si distingue da altri diritti di proprietà intellettuale in quanto non è registrabile come un brevetto o un marchio; ciò significa che il titolare (cioè il franchisor) deve adottare particolari cautele per salvaguardare e proteggere il proprio know-how.

Indice

1. Cos’è il know-how nel franchising

Il know-how è, come noto, un elemento di fondamentale importanza nel franchising. La centralità del know how nel franchising deriva dal fatto che esso costituisce il principale elemento che consente all’affiliato di godere in modo stabile di un vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza.

Il know-how è infatti uno dei componenti fondamentali del c.d. franchise package, cioè di quel complesso di diritti che il franchisor concede al franchisee e che permette al franchisee di presentarsi agli occhi dei consumatori sostanzialmente come l’alter ego del franchisor.

Ma in che cosa consiste concretamente il know-how nel franchising?

Si può dire che il know-how è costituito da un complesso di esperienze, informazioni, conoscenze, abilità operative necessarie per svolgere una determinata attività all’interno di una rete in franchising.

Il know-how si distingue da altri diritti di proprietà intellettuale in quanto non è registrabile come un brevetto o un marchio; ciò significa che il titolare (cioè il franchisor) deve adottare particolari cautele per salvaguardare e proteggere il proprio know-how (vedi oltre).

Nella prassi, il know-how può avere un contenuto molto vario, in relazione ai diversi settori nei quali il contratto di affiliazione commerciale può trovare applicazione. Si può trattare ad esempio di:

  • una specifica tecnica di vendita dei prodotti;
  • una tecnica particolare di magazzinaggio/movimentazione merci;
  • una tecnica specifica di organizzazione dello spazio di vendita dei prodotti;
  • una modalità di preparazione di cibi/bevande;
  • prodotti/servizi specifici ed originali;
  • procedure organizzative/gestionali specifiche ed originali;
  • tecniche di vendita specifiche ed originali;
  • stile comunicativo/promozionale specifico ed originale,

e così via.

2. I requisiti di validità del know-how

Il know-how deve essere dotato di precisi requisiti per essere valido e tutelabile. Tali requisiti devono essere quindi esaminati e verificati con grande attenzione in sede di start up di una rete in franchising, in quanto la loro eventuale carenza può compromettere l’intera rete in franchising.

Ai sensi dell’art. 1, 3° comma della L. n. 129/2004, il know-how deve essere dotato di tre caratteristiche:

  • segretezza;
  • sostanzialità;
  • individuabilità.

Tali caratteristiche sono funzionali a far sì che all’affiliato venga trasferito un patrimonio di conoscenze che costituiscano un’unità economica effettiva per l’affiliato stesso e gli consentano di svolgere la propria attività in seno alla rete con un stabile vantaggio competitivo rispetto alla concorrenza e, quindi, tale da giustificare il corrispettivo versato dall’affiliato.

In primo luogo, il know-how deve essere segreto, ovvero “non generalmente noto né facilmente accessibile”. Affinché le nozioni trasferite dall’affiliante all’affiliato siano qualificabili come know-how occorre dunque che le stesse non siano liberamente acquisibili altrove, cioè non siano state divulgate, o  quantomeno che loro acquisizione da terzi sia notevolmente più onerosa per l’affiliato.

Tuttavia, ciò che deve essere “segreto” non sono le singole esperienze ed informazioni che compongono il know-how, bensì il complesso di nozioni in cui esso si articola; pertanto, il know-how non perde la caratteristica della segretezza se le singole parti che lo compongono sono conosciute, ma non lo è la loro combinazione in un insieme.

In secondo luogo, il know-how deve essere sostanziale, cioè deve comprendere le “conoscenze indispensabili all’affiliato per l’uso, per la vendita o la rivendita, la gestione o l’organizzazione dei beni o servizi contrattuali”. Le informazioni trasmesse dall’affiliante devono essere quindi tali da costituire un’utilità economica effettiva per l’affiliato, da cui questi non possa prescindere per l’esercizio della propria attività nella rete in franchising.

Si ritiene tuttavia che l’“indispensabilità” del know-how debba riferirsi alla formula nella sua globalità, nel senso che le nozioni trasferite dall’affiliante all’affiliato non devono essere necessariamente indispensabili in senso assoluto bensì tali da individuare le caratteristiche della rete con riferimento alla scelta o qualità dei beni, alla selezione dei fornitori che assicurino tale qualità, alla composizione dell’assortimento, alla presentazione dei beni, ai rapporti con la clientela, all’amministrazione, alla gestione finanziaria etc..

Infine, il know-how deve essere individuato, cioè “descritto in modo sufficientemente esauriente, tale da consentire di verificare se risponde ai criteri di segretezza e di sostanzialità”. Tale caratteristica risponde dunque alla finalità di permettere all’affiliato di conoscere nel dettaglio la formula commerciale trasferitagli e di verificare il rispetto dei requisiti di segretezza e sostanzialità.

Si tratta tuttavia di un onere formale che risponde anche ad un interesse dell’affiliante, il quale in tal modo è in grado di controllare se l’affiliato eventualmente utilizzi il know-how al di là dello scopo contrattuale, o, cessato il contratto, lo utilizzi per sé o per altri.

3. Le conseguenze di un know-how inesistente o carente nel franchising

Vediamo ora cosa accade quando il know-how manchi totalmente oppure – come più frequentemente si verifica – risulti carente di alcune delle caratteristiche che prima abbiamo elencato.

Poiché l’art. 3, 4° comma, della L. n. 129/2004 prevede l’obbligo di indicare nel contratto di franchising il know-how fornito dall’affiliante all’affiliato – avente i requisiti prima descritti – si ritiene che la mancanza o insufficienza del know-how provochi la nullità del contratto di franchising per indeterminatezza dell’oggetto, e il conseguente diritto del franchisee alla restituzione di tutte le somme che abbia versato nel frattempo al franchisor, o, in alternativa, la risoluzione del contratto per inadempimento del franchisor, con conseguente diritto del franchisee al risarcimento del danno subìto.

Questa è, almeno, la tesi largamente prevalente sia in dottrina che in giurisprudenza, basata sulla essenzialità del know-how nell’ambito di un contratto di franchising. Occorre peraltro registrare una isolata – ma tuttavia rilevante – sentenza della Cassazione (la n. 11256 del 1 maggio 2018), secondo cui, invece il know-how non sarebbe un elemento essenziale del contratto di franchising.

Secondo la S.C. infatti, nella definizione del contratto di franchising di cui all’art. 1 della L. n. 129/2004, il know-how è menzionato tra gli altri diritti di proprietà intellettuale, i quali non devono essere necessariamente tutti presenti, essendo invece sufficiente “la disponibilità di un insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale – ossia, la sperimentata formula commerciale, che può concernere uno o più profili elencati dalla norma stessa”. Secondo questa tesi, pertanto, la mancata consegna del know-how da parte dell’affiliante non si risolverebbe in una causa di nullità per carenza di un elemento essenziale, dovendosi collocare tra i vizi funzionali del contratto e, dunque, riconducibile a un’ipotesi di inadempimento, con conseguente risoluzione del contratto.

Sotto diverso profilo, qualora la mancata o insufficiente trasmissione di know-how integri un’ipotesi di pubblicità ingannevole, è possibile che l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) irroghi, d’ufficio o su segnalazione del franchisee, una sanzione pecuniaria – che può essere anche pesante – nei confronti del franchisor.

4. Come viene trasferito il know-how nel franchising: a) il manuale operativo

I principali strumenti con i quali, nella prassi, il know-how viene trasferito – o meglio, concesso in licenza – dall’affiliante all’affiliato sono due: il c.d. manuale operativo e la formazione.

Il manuale operativo è, come noto, una sorta di guida, contenente una serie di indicazioni e istruzioni più o meno dettagliate che l’affiliato deve seguire per aprire e gestire l’unità in franchising secondo le strategie operative, le informazioni confidenziali e le conoscenze tecniche impartite dal franchisor.

Generalmente, il manuale operativo viene consegnato al franchisee solo nel momento in cui quest’ultimo sottoscrive effettivamente il contratto di franchising. Ciò è perfettamente legittimo, dato che, quando sussistono esigenze di riservatezza – come appunto nel caso del know-how – il franchisor può senz’altro evitare di consegnare all’aspirante franchisee – che potrebbe poi decidere di non aderire alla rete, sfruttando tali conoscenze a proprio vantaggio e ai danni del franchisor – documenti di particolare rilevanza relativi alla formula commerciale. A tal fine, un patto di riservatezza sottoscritto dall’aspirante franchisee non sarebbe infatti sufficiente a tutelare sufficientemente il franchisor.

Il manuale operativo è uno strumento fondamentale per mantenere l’uniformità della rete in termini di standard progettuali, di immagine, di marketing, di vendita, etc.; esso rappresenta quindi anche uno strumento di controllo dell’efficacia commerciale e dell’efficienza economica dei punti di vendita. Si tratta dunque di uno strumento essenziale per la conduzione dell’attività degli affiliati, per il mantenimento dell’immagine e dell’uniformità funzionale e strutturale delle unità affiliate e per favorirne un proficuo risultato economico e commerciale.

La L. n. 129/2004 non fa esplicito riferimento al manuale operativo. In ogni caso, ogni manuale operativo dovrebbe essere:

  • esauriente e completo;
  • preciso e dettagliato;
  • chiaro, schematico, ben organizzato.

Varie sentenze dell’autorità giudiziaria e provvedimenti dell’Autorità Garante della concorrenza e del mercato (AGCM) hanno, anche in tempi recenti, stigmatizzato il fenomeno (purtroppo abbastanza ricorrente) della consegna agli affiliati di manuali operativi “evanescenti” (in quanto, ad es., aventi un contenuto privo di sostanziale rilevanza), sanzionando anche pesantemente le reti in franchising che ne avevano fatto uso.

Il manuale operativo non è uno strumento statico, bensì dinamico. E’ infatti indispensabile apportare nel tempo al manuale operativo le necessarie revisioni e modifiche in funzione dell’ evoluzione del mercato, delle esigenze della clientela-obiettivo, della tecnologia, dell’ aggiornamento della strategia aziendale e della formula commerciale da proporre e delle procedure per ciò necessarie.

5. Come viene trasferito il know-how nel franchising: b) la formazione

L’altra modalità di trasmissione del know-how è la formazione. Attraverso di essa formativa vengono trasferite agli affiliati tutte quelle conoscenze pratiche che non possono essere descritte e formalizzate nel manuale operativo, e che possono essere dunque apprese solo attraverso il contatto diretto con il formatore (si pensi ad es. a certe modalità di commercializzazione, o di marketing).

La formazione viene erogata agli affiliati essenzialmente al momento della nascita del rapporto (cioè in fase di start up). Tuttavia è errato pensare che la formazione debba essere erogata solo una tantum all’inizio del rapporto di franchising. Essa infatti continua – o meglio, dovrebbe continuare – durante tutto l’arco di durata del contratto, di pari passo con gli aggiornamenti che, più o meno inevitabilmente, la formula commerciale subisce nel tempo.

La formazione impartita dal franchisor ai franchisee costituisce generalmente un preciso obbligo contrattuale per il franchisor. Le conseguenze in caso di omessa o carente formazione possono essere assai gravi per il franchisor, il quale può andare in questo caso incontro:

  • all’annullamento del contratto, sotto il profilo della inesistenza o carenza del know-how, con conseguente obbligo di risarcimento del danno in favore dell’affiliato;
  • alla risoluzione del contratto per inadempimento, con conseguente obbligo di risarcimento del danno in favore dell’affiliato;
  • all’irrogazione di sanzioni da parte dell’A.G.C.M., sotto il profilo dell’ingannevolezza dei messaggi o materiali nei quali sia stata pubblicizzata l’attività formativa.

6. Come tutelare il Know-how nel franchising

Come si è visto, una delle caratteristiche essenziali del Know-how è la sua segretezza, cioè il fatto che il patrimonio di conoscenze ed esperienze acquisite dal franchisor e che caratterizza la rete non deve essere liberamente acquisibile da nessuno al di fuori della rete stessa, e quindi non deve essere divulgato all’esterno.

Tale caratteristica impone al franchisor di proteggere adeguatamente il proprio know-how, per far sì che il suo contenuto bon sia divulgato all’esterno ed utilizzato da altri al di fuori della rete in franchising. Il know-how infatti, per avere un valore (anche giuridico), non deve essere accessibile a tutti: se si diffonde, perde valore. E quindi deve essere tutelato.

Infatti, ai sensi dell’art. 99 del D.lgs. n. 30/2005 (Codice della Proprietà Industriale), il franchisor – come qualsiasi altro soggetto titolare di un segreto commerciale – per ottenere protezione giuridica del proprio know how deve dimostrare l’esistenza delle seguenti condizioni:

  • segretezza delle informazioni (le informazioni cioè non devono essere note o facilmente accessibili agli operatori del settore);
  • valore economico delle informazioni (inteso come vantaggio competitivo, non come valore di mercato);
  • adozione di misure adeguate per mantenere le informazioni segrete.

Sotto quest’ultimo profilo, dunque, il franchisor deve porre  in essere un serio criterio di difesa ed un corretto sistema di protezione, del know-how, dimostrabile e documentabile. Non è sufficiente la buona fede dell’imprenditore od un semplice cavillo legale!

Anzitutto, il know-how deve essere adeguatamente protetto adottando una serie di misure di salvaguardia all’interno dell’azienda del franchisor e della rete in franchising. E’ opportuno in proposito che il franchisor predisponga idonee procedure organizzative interne (come l’accesso selettivo alle informazioni, sistemi informatici protetti da password, etc.), di cui sia il personale interno (dipendenti, collaboratori) che gli affiliati devono essere informati attraverso apposite circolari interne (oltre che il manuale operativo).

In secondo luogo, il know-how deve essere efficacemente tutelato anche all’esterno dell’azienda (verso i fornitori, i clienti, etc.). Per proteggere il valore economico del proprio Know-how, è opportuno che il franchisor inserisca, nei contratti con i vari soggetti con i quali  intrattiene relazioni commerciali in genere, una clausola di segretezza, ben articolata e dettagliata, che obblighi i soggetti che vengono a conoscenza di informazioni riservate a non divulgarle e a non utilizzarle al di fuori del rapporto contrattuale o per attività diverse da quelle svolte nell’ambito del rapporto stesso.

La segretezza del know-how deve essere tutelata:

  • prima dell’instaurazione del vero e proprio rapporto contrattuale, cioè durante le trattative (dato che possono essere rivelate informazioni anche prima che venga concluso un contratto);
  • durante il rapporto contrattuale;
  • dopo la conclusione del rapporto; in questo modo l’obbligo di segretezza non cessa con lo scioglimento del rapporto con il franchisor ma continuerà ad essere vincolante finché le informazioni in questione non diverranno di pubblico dominio, o comunque per un congruo periodo di tempo.

Naturalmente, il know-how deve essere tutelato anche nei confronti degli affiliati in franchising. Il franchisor dovrà quindi preoccuparsi di inserire idonee clausole di segretezza:

  • ogni volta che divulghi informazioni attinenti alla rete, anche nel corso delle trattative o, a maggior ragione, quando vengono conclusi accordi preliminari al contratto di franchising o in fase informativa;
  • nel contratto di franchising; l’obbligo di segretezza dovrà in questo caso impedire al franchisor di utilizzare il know-how per scopi diversi dall’attività in franchising effettuata durante il contratto, e per un certo periodo di tempo successivo allo scioglimento del contratto (non meno di 5 anni).

 

                                                                                                             Avv. Valerio Pandolfini

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Tags: franchising, know-how nel franchising
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