Franchising: la risoluzione del contratto e le sue conseguenze
Una volta stipulato un contratto di franchising, questo prosegue fino alla sua naturale scadenza, ameno che si sciolga anticipatamente in conseguenza di un accordo tra le parti o dell’inadempienza di una delle parti. La risoluzione del contratto per inadempimento – che non avviene mai automaticamente, ma presuppone sempre l’iniziativa della parte interessata – può avvenire o in via giudiziale (ovvero con pronuncia del giudice, il quale valuta la gravità dell’inadempimento), o in via stragiudiziale, tramite una clausola risolutiva espressa inserita nel contratto. Verificatasi la risoluzione, il rapporto tra le parti si scioglie e si hanno una serie di conseguenze, quali l’obbligo di risarcire il danno subìto dalla parte non inadempiente, il divieto del franchisee di proseguire l’attività e di utilizzare il marchio del franchisor. Un’attenta regolamentazione nel contratto di franchising dei presupposti della risoluzione e delle sue conseguenze è di fondamentale importanza per tutelare efficacemente gli interessi del franchisor.
1. La risoluzione del contratto di franchising
Una volta stipulato un contratto di franchising , questo prosegue fino alla sua naturale scadenza, così come prevista nel contratto stesso (si ricorda che, ai sensi della L. n. 129/2004, un contratto di franchising non può avere durata inferiore a 3 anni), vincolando le parti (franchising e franchisee) al rispetto degli obblighi contrattualmente previsti.
Lo scioglimento di un contratto di franchising prima della sua naturale scadenza è possibile solo in due casi:
- quando le parti si accordano per lo scioglimento anticipato (risoluzione consensuale), oppure
- quando si risolve per inadempimento di una delle parti.
Come in ogni contratto, anche nel franchising, qualora una delle parti si renda inadempiente, l’altra parte ha diritto di risolvere il contratto, ai sensi degli artt. 1453 e ss. del Codice civile. La risoluzione del contratto è infatti lo strumento che l’ordinamento giuridico mette a disposizione della parte adempiente, per porre termine anticipatamente ad un contratto qualora l’altra parte si sia sottratta colpevolmente all’adempimento degli obblighi contrattualmente assunti.
E’ bene sottolineare che la risoluzione del contratto, pur in presenza di inadempienze di una delle parti, non avviene mai automaticamente, ma presuppone sempre l’iniziativa dell’altra parte (non inadempiente); è quindi possibile che quest’ultima, anche se l’altra parte si è resa inadempiente, decida di non chiedere o attivare la risoluzione del contratto, il quale pertanto in tal caso proseguirà regolarmente.
E’ possibile quindi (ed ani accade abbastanza frequentemente) che il franchisor, pur essendo inadempiente il franchisee ad una o più delle proprie obbligazioni contrattuali, decida di non risolvere il contratto (ad esempio perché ritiene che le inadempienze siano di scarsa rilevanza o occasionali, o comunque perché non ha interesse a sciogliere il rapporto contrattuale con il franchisee).
Non sempre, del resto, la risoluzione del contratto, in presenza di inadempimenti del franchisee, si rivela la soluzione più vantaggiosa per il franchisor, dal punto di vista commerciale ed economico. Si pensi al danno all’immagine che la rete può subire in seguito alla chiusura di un punto vendita, o alla perdita alla quale il franchisor va incontro per il fatto di non poter più disporre dell’accesso al mercato nel territorio in cui operava il franchisee il cui contratto è stato risolto.
Per tale motivo, è opportuno che nel contratto di franchising vengano previsti, in caso di violazioni contrattuali da parte dell’affiliato, anche rimedi alternativi alla risoluzione, quali ad esempio la riduzione o la perdita dell’esclusiva, o l’applicazione di penali, o, ancora, la possibilità di sospendere i servizi da parte del franchisor, riservando la risoluzione alle ipotesi di inadempienti di gravità tale da impedire la prosecuzione del rapporto.
La risoluzione del contratto di franchising può avvenire con due modalità, ciascuna delle quali ha presupposti in parte diversi:
- la risoluzione giudiziale
- la risoluzione stragiudiziale
2. La risoluzione giudiziale del contratto di franchising
Nella risoluzione giudiziale del contratto di franchising, la parte che si assume danneggiata dall’altrui inadempimento, si rivolge al giudice, ai sensi dell’art. 1453 c.c., per chiedergli di accertare con sentenza, la responsabilità dell’altra parte, e conseguentemente di risolvere il contratto e di condannare la parte inadempiente al risarcimento dei danni.
La risoluzione del contratto può essere pronunciata soltanto qualora l’inadempienza dell’altra parte sia grave (art. 1455 c.c.) Affinché quindi il contratto di franchising sia risolto occorre che sia stato commesso uno o più inadempimenti rilevanti nella complessiva economia del contratto. La valutazione della gravità dell’inadempimento spetta, in questo caso, esclusivamente al giudice, il quale gode pertanto di un notevole margine di discrezionalità nell’accertamento dei presupposti per la risoluzione del contratto.
Relativamente al contratto di franchising, la rilevanza dell’inadempimento ai fini della risoluzione deve essere valutata con attenzione e rigore, in considerazione degli effetti che lo scioglimento del contratto provoca su entrambe le parti. La gravità dell’inadempimento nell’ambito di un contratto di franchising deve essere pertanto valutata;
- qualora incida sul rapporto fiduciario tra franchisor e franchisee;
- qualora incida sulla rete di franchising nel suo complesso, anche sotto il profilo dell’immagine.
In particolare, come accade per tutti i contratti di durata, il contratto di franchising può essere risolto solo qualora ricorra un inadempimento tale da menomare la fiducia circa la regolarità degli adempimenti futuri delle parti. In questo senso, lo sporadico inadempimento da parte del franchisee delle obbligazioni pecuniarie (relative, ad esempio, al pagamento delle royalties, o delle partite di merce) o delle obbligazioni di fare e non fare (relative, ad esempio, all’osservanza delle prescrizioni del manuale operativo fornito dal franchisor) sul medesimo gravanti, difficilmente può condurre ad una declaratoria di risoluzione del contratto, se non all’esito di un esame, caso per caso, dell’importanza dell’inadempimento stesso, in rapporto alla eventuale perdita di immagine dell’intera rete, e/o di fiducia da parte del franchisor.
Ad esempio, si tratta certamente di un inadempimento grave da parte del franchisee (con conseguente diritto del franchisor alla risoluzione del contratto) il caso in cui il franchisee interrompa per un lungo periodo di tempo l’attività commerciale (se non ricorrono cause di forza maggiore – come nel caso della recente epidemia Covid), o utilizzi i segni distintivi ( marchio ed insegna) del franchisor al di fuori dei limiti e modalità stabiliti nel contratto, o non corrisponda al franchisor la entry fee, le royalties (in misura rilevante) o i prezzi di acquisto dei prodotti (in modo sistematico).
Viceversa, potrebbe non essere ritenuto un inadempimento sufficientemente grave da giustificare la risoluzione del contratto il mancato pagamento di una partita di merce o di una singola royalty da parte del franchisee.
Analogamente, rappresenta senz’altro un inadempimento grave da parte del franchisor, suscettibile di provocare la risoluzione del contratto, la mancata concessione in licenza del Know how – o almeno di un know-how giuridicamente valido, ai sensi della L. n. 129/2004 – o la mancata o insufficiente erogazione della formazione contrattualmente prevista, o la violazione dell’esclusiva contrattuale.
Sul versante opposto, l’inadempimento da parte del franchisor agli obblighi relativi alla trasmissione dei segni distintivi e del know-how, come pure all’assistenza e collaborazione nei confronti del franchisee, è suscettibile di provocare la risoluzione del contratto di franchising, qualora siano di entità tale da incidere sulla concreta possibilità per il franchisee di svolgere la sua attività d’impresa secondo i dettami ed in applicazione del know-how che caratterizzano la catena in franchising.
L’importanza dell’inadempimento deve essere inoltre valutata anche in relazione gli eventuali inadempimenti reciproci delle parti. Qualora sia il franchisor che il franchisee si rendano inadempienti ai propri obblighi contrattuali, il giudice in sede di contenzioso dovrà valutare quale delle due parti si sia resa responsabile degli inadempimenti maggiormente rilevanti, mediante un giudizio comparativo dei comportamenti delle parti, indipendentemente dal profilo cronologico (cioè indipendentemente da quale parte si sia resa per prima inadempiente). All’esito di questa valutazione comparativa e di tipo qualitativo degli inadempimenti delle parti, il giudice pronuncerà con sentenza la risoluzione del contratto, addebitandone la responsabilità all’una o all’altra parte.
Se ad esempio il franchisor contesta al franchisee il mancato pagamento delle royalties, ed il franchisee contesta al franchisor il mancato trasferimento del know-how, il giudice sarà chiamato ad accertare la fondatezza delle reciproche contestazioni e quindi a stabilire quale inadempimento abbia avuto un peso maggiore nell’economia complessiva del rapporto contrattuale; in questo caso, dato il ruolo fondamentale che il trasferimento del know-how riveste all’interno del rapporto di franchising, il giudice riterrà probabilmente che l’inadempimento accertato del franchisor costituisca la causa determinante dell’inadempimento del franchisee, che pur non ha versato le royalties, e conseguentemente pronuncerà la risoluzione del contratto di franchising per fatto e colpa del franchisor, con l’eventuale condanna dello stesso al risarcimento dei danni in favore del franchisee.
Occorre infine sottolineare che, secondo le regole in tema di onere della prova, se una parte afferma che l’altra è inadempiente, e quindi chiede per tale motivo la risoluzione del contratto, l’altra parte, se vuole evitare tale conseguenza, deve dimostrare di essere stata adempiente. Dunque, se ad esempio il franchisor chiede la risoluzione del contratto per inadempimento del franchisee, consistente ad esempio nel mancato pagamento di royalties o nella violazione dell’obbligo di non concorrenza, sarà il franchisee a dover dimostrare di non essere stato inadempiente; qualora non riesca a fornire tale prova, il contratto sarà risolto.
3. La risoluzione stragiudiziale del contratto di franchising
Per eliminare l’incertezza circa la possibilità di risolvere il contratto per inadempimento, è assai diffusa la prassi di prevedere nel contratto di franchising una clausola risolutiva espressa (ai sensi dell’art. 1456 c.c.), con la quale le parti predeterminano nel contratto di franchising quali specifiche violazioni contrattuali siano suscettibili di provocare la risoluzione del contratto, sottraendo pertanto al giudice la discrezionalità nello stabilire l’importanza dell’inadempimento.
In tal caso, al verificarsi di un inadempimento previsto nella clausola risolutiva, la parte non inadempiente può inviare all’altra una dichiarazione scritta in cui si avvale della clausola e conseguentemente intende ritenere risolto il contratto, per fatto e colpa dell’altra parte. Nel momento in cui tale dichiarazione perviene all’altra parte, il contratto si risolve di diritto, senza necessità della pronuncia del giudice.
Tuttavia, anche in questo caso l’intervento del giudice sarà comunque necessario, qualora:
- la parte che invoca la risoluzione sulla base dell’art. 1456 c.c. intenda agire in giudizio per chiedere il risarcimento dei danni causatile dall’altra a seguito della risoluzione anticipata o il pagamento di somme dovutele in esecuzione del contratto (es. royalties ) e/o il pagamento di una penale, ove questa sia stata prevista nel contratto;
- la parte nei cui confronti sia invocata la risoluzione contesti il proprio inadempimento, rivolgendosi al giudice affinché accerti tale circostanza; in tale ipotesi, peraltro, il giudice si limiterà ad accertare se sia stato commesso un inadempimento previsto dalla clausola risolutiva espressa, senza valutarne la gravità in quanto essa è già stata predeterminata dalle parti nel contratto.
Affinché la clausola risolutiva espressa sia valida, è necessario che essa espressamente indichi le obbligazioni contrattuali dalla cui violazione può discendere la risoluzione del contratto. Viceversa, una clausola formulata in termini generici, che preveda che un qualsiasi inadempimento contrattuale autorizzi la parte adempiente ad invocare la risoluzione del contratto, non produrrebbe alcun effetto.
Gli inadempimenti che fanno scattare la clausola risolutiva espressa nei contratti di franchising sono generalmente relativi ad obblighi del franchisee, relativi ad esempio a:
- mancato acquisto dei minimi di prodotti o mancata realizzazione del fatturato minimo;
- mancato o ritardato pagamento della merce nei termini contrattualmente stabiliti;
- violazione dell’esclusiva o del patto di concorrenza;
- violazioni attinenti ai segni distintivi e ai diritti di proprietà industriale del franchisor;
- divulgazione di informazioni riservate.
Pertanto, generalmente è solo il franchisor ad essere legittimato ad invocare tale clausola, per risolvere il contratto ai sensi dell’art. 1456 c.c.
Data l’importanza degli effetti della clausola risolutiva espressa, è essenziale che tale clausola sia attentamente redatta da un legale esperto in franchising, anche al fine di prevenite l’insorgere di future controversie.
4. Le conseguenze della risoluzione del contratto di franchising: a) il risarcimento del danno
La risoluzione del contratto implica normalmente la responsabilità della parte inadempiente in ordine ai danni subìti dall’altra parte per effetto del suo inadempimento. Pertanto, la parte non inadempiente ha diritto di ottenere, oltre alla risoluzione (e quindi lo scioglimento) del contratto, anche il risarcimento dei danni subìti, dimostrandone l’ammontare.
Secondo le regola ordinarie del Codice civile, il danno risarcibile deve essere calcolato prendendo in considerazione due parametri:
- il danno emergente, costituito dalla perdita effettivamente subita dal contraente;
- il lucro cessante, costituito dal mancato guadagno, consistente nel lucro che il creditore avrebbe realizzato se avesse utilizzato la prestazione ottenuta.
Così ad esempio, in caso di inadempienza del franchisee suscettibile di provocare la risoluzione del contratto, il franchisor avrà di ottenere dal franchisee, a titolo di risarcimento del danno, oltre alle royalties arretrate, quelle che avrebbero dovuto essere corrisposte dal franchisee durante il contratto, fino alla sua naturale scadenza. viceversa, in caso risoluzione del contratto per inadempimento imputabile al franchisor, il franchisee avrà diritto di ottenere il rimborso dei costi sostenuti per entrare a far parte della rete (entry fee, investimenti effettuati, etc.).
E’ importante evidenziare che spetta al soggetto non inadempiente, che agisce il risarcimento del danno, dimostrare l’entità del danno stesso (cosa spesso non semplice); qualora tale soggetto non riesca a fornire la prova del danno subìto, la domanda di risarcimento non potrà essere accolta.
Per tale ragione, è frequente l’inadempimento nei contratti di franchising di clausole penali, le quali hanno la finalità di predeterminare l’importo del danno, forfetizzandolo, ed evitando così che il soggetto leso debba fornire la prova dell’effettivo danno subìto (salva la possibilità di dimostrare di avere subìto un danno superiore a quello quantificato nella penale). L’importo della penale può essere liberamente inserito nel contratto, con l’unico limite della non manifesta eccessività, la quale autorizza il giudice, anche d’ufficio, ad operare una riduzione.
5. Le conseguenze della risoluzione del contratto di franchising: b) gli obblighi di non concorrenza
Verificatasi la risoluzione del contratto di franchising, il rapporto con l’affiliato cessa. Da ciò derivano una serie di conseguenze.
In primo luogo, il franchisee non ha più diritto di esercitare l’attività che prima svolgeva come affiliato della rete, attività che quindi deve interrompersi dalla data di risoluzione del contratto. Dal momento che l’affiliato non fa più parte della rete, il franchisor ha interesse ad evitare che la clientela continui ad identificare l’ex franchisee con i prodotti /servizi della rete. L’ormai ex franchisee deve quindi cessare di presentarsi alla clientela nella veste di appartenente alla rete, al fine di evitare di ingenerare confusione nella stessa clientela.
Per evitare o diminuire le conseguenze dell’“associazione mentale” operata dai clienti tra il franchisee che operava nella loro zona ed i prodotti/servizi del franchisor, generalmente i contratti di franchising regolamentano questo aspetto in una apposita clausola (e comunque è opportuno che lo facciano). In questo senso, di solito nel contratto di franchising si prevede:
- il divieto per l’ex franchisee di continuare a commercializzare i prodotti e/o erogare i servizi in precedenza effettuati, salvo l’eventuale completamento della fornitura di prodotti/servizi già ordinati dai clienti;
- l’assunzione da parte del franchisor degli obblighi di garanzia nei confronti dei clienti, salvo che si preveda che tale obbligo continui ad essere in capo all’ex franchisee (nel qual caso il franchisor dovrà continuare a fornirgli il materiale di ricambio e l’assistenza tecnica).
Analogamente, a seguito dello scioglimento del contratto di franchising l’ex franchisee non ha più diritto di continuare ad utilizzare il marchio, i segni distintivi e il materiale pubblicitario del franchisor. Anche questo è un aspetto molto importante che il franchisor deve curare attentamente, per evitare che l’ex franchisee, continuando ad utilizzare lo stesso marchio o – come più frequentemente può accadere – un marchio simile al proprio marchio registrato, ingeneri confusione nel pubblico e quindi danneggi la rete.
Tale situazione è di solito attentamente regolata nei contratti di franchising. Qualora( come abbastanza frequentemente accade) l’ex franchisee continui ad utilizzare un marchio uguale o simile a quello del franchisor, quest’ultimo potrà( anzi dovrà) reagire anche in via cautelare urgente ai sensi dell’art 700 C.p.c., per inibire tale utilizzo all’ex affiliato.
Per effetto dello scioglimento del contratto, l’ex affiliato riacquista la possibilità di gestire in modo autonomo la propria impresa, eventualmente anche nello stesso ramo commerciale e nella stessa zona in cui operava durante il rapporto di franchising. All’ex affiliato infatti non è impedito di svolgere, in via autonoma (o eventualmente aderendo ad un’altra rete in franchising) la stessa o analoga attività che svolgeva prima in qualità di franchisee, purché tale attività venga svolta nei limiti della legittimità e correttezza, e non costituisca concorrenza sleale ai danni del franchisor.
Quindi, ad esempio, un ex affiliato di una rete in franchising nel settore immobiliare può continuare a svolgere l’attività di intermediazione immobiliare autonomamente (o come affiliato di un’altra rete in franchising), purché non sfrutti illecitamente il know-how acquisito dal precedente franchisor, non svii lo sottragga a clientela, etc.
Tuttavia, talvolta all’ex affiliato è impedito di svolgere la stessa o analoga attività che svolgeva in precedenza nella rete: ciò accade quando nel contratto di franchising è presente un patto di non concorrenza post-contrattuale. Attraverso questa clausola, infatti, il franchisee è obbligato a non svolgere attività in concorrenza con quella esercitata dal franchisor, per un certo periodo di tempo dopo il termine del contratto, a prescindere dal fatto che si tratti di concorrenza sleale o meno. In altri termini, anche se l’attività concorrenziale è svolta dall’ex affiliato in modo lecito (e quindi non si tratta di concorrenza sleale) il patto in questione vieta comunque al franchisee di svolgere tale attività.
Questa clausola può essere molto utile al franchisor per impedire che il know how e le conoscenze, e l’esperienza acquistata dall’affiliato nell’ambito della rete in franchising durante il contratto non vadano a vantaggio dei concorrenti dopo lo scioglimento del rapporto. Tuttavia, il patto di non concorrenza ha precisi limiti di validità, imposti dalla normativa comunitaria, che devono essere ben conosciuti dal franchisor per evitare situazioni conflittuali.
5. Le conseguenze della risoluzione del contratto di franchising: c) lo stock
Tra le problematiche che più frequentemente si presentano dopo la risoluzione del contratto di franchising, vi è quella delle eventuali merci giacenti (stock) presso il franchisee al momento dello scioglimento del rapporto.
In via generale non sussiste alcun obbligo giuridico che imponga al franchisor il riacquisto delle giacenze. Tuttavia, il rispetto del principio della buona fede contrattuale di cui all’art. 1375 del codice civile – inteso come obbligo di salvaguardare l’utilità altrui nei limiti di un non apprezzabile sacrificio – può obbligare il franchisor a riacquistare le scorte del franchisee al momento dell’estinzione del rapporto, dato che in questo caso il sacrificio del franchisor per riacquistare le merci dal franchisee è di gran lunga inferiore a quello che quest’ultimo affronterebbe in caso di mancato riacquisto.
Tale obbligo può in particolare sussistere nei seguenti casi:
- qualora le merci siano giacenti presso il franchisee per effetto di accordi imposti dal franchisor e sotto le direttive di quest’ultimo;
- qualora l’entità dello stock sia stata fissata in misura esorbitante rispetto alle capacità finanziarie del franchisee o rispetto al tempo medio di rotazione del settore;
- qualora lo stock sia stato rinnovato dal franchisee in prossimità della scadenza contrattuale, e lo stesso franchisee confidava in buona fede nel rinnovo del contratto;
- in caso di risoluzione del contratto per inadempimento del franchisor.
Restano, viceversa, esclusi dall’obbligo di riacquisto i beni acquistati di propria iniziativa dal franchisee, oppure quelli acquistati da quest’ultimo in pendenza di scioglimento del rapporto, soprattutto se in misura anomala rispetto alle partite usualmente ordinate.
E’ comunque opportuno disciplinare espressamente anche tale aspetto nel contratto di franchising ,prevendendo, ad esempio, un’opzione di acquisto dello stock in favore del franchisor ad un prezzo predeterminato (ad esempio pari al prezzo originario di vendita), da esercitarsi entro un determinato arco temporale, decorso il quale il franchisee potrà rivendere direttamente i prodotti sul mercato, entro un determinato limite di tempo, usufruendo dei segni distintivi del franchisor.
Avv. Valerio Pandolfini
Consulenza Legale Franchisor
Abbiamo una vasta esperienza nella consulenza e assistenza legale nel franchising.
Abbiamo assistito numerose reti in franchising, nelle attività di contenzioso e recupero crediti.
Potete visionare qui alcuni dei più significativi e recenti casi che abbiamo trattato.
Per altri articoli di approfondimento, visitate il nostro blog.
Contattateci senza impegno:
- telefonandoci al n. 02-36522961;
- scrivendoci all’indirizzo: info@studio-pandolfini.it;
- compilando il form di contatto che trovate sotto in questa pagina.
Le informazioni contenute nel presente articolo hanno carattere generale e non sono da considerarsi un esame esaustivo né intendono esprimere un parere o fornire una consulenza di natura legale. Le considerazioni e opinioni di seguito riportate non prescindono dalla necessità di ottenere pareri specifici con riguardo alle singole fattispecie descritte. Di conseguenza, il presente articolo non costituisce un(né può essere altrimenti interpretato quale) parere legale, né può in alcun modo considerarsi come sostitutivo di una consulenza legale specifica.