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Il multi-unit franchising (Area Development): una realtà sempre più diffusa anche in Italia

28 Novembre 2022/in Franchising, Franchising internazionale

Il multi-unit franchising (MUF) consiste nel concedere al franchisee il diritto di aprire e gestire non un solo punto vendita – come nel tradizionale single unit franchising – ma più punti vendita in un determinato territorio. Quando un franchisee viene autorizzato ad aprire units anche per altre reti in franchising, si ha il Multi Brand Franchising (MBF). All’interno del MUF, un ruolo di primaria importanza è rivestito dall’ Area Development Agreement (ADA), in base al quale il franchisee (Area Developer, AD) ha il diritto-obbligo di aprire e gestire altri punti vendita diretti in una determinata area, per un determinato periodo di tempo e secondo un determinato piano di sviluppo (Developement schedule), in esclusiva. Per garantire il successo di un ADA e minimizzarne i rischi, è cruciale procedere ad un’accurata selezione dell’AD – che deve fornire adeguate garanzie al franchisor in termini di capacità, esperienza e capacità finanziaria – e predisporre in modo preciso e realistico il Developement schedule, evitando in particolare di concedere all’AD  un territorio troppo ampio per un periodo di tempo consistente.

Indice

1.Cos’è il multi-unit franchising e perché viene utilizzato

Tradizionalmente, secondo il modello tuttora più diffuso, il rapporto di franchising prevede un contratto tra franchisor e franchisee, avente ad oggetto la gestione di una singola unità (o punto vendita): si tratta del c.d. single-unit franchising (SUF).

A questo tradizionale modello di franchising si è andato via via affiancando, in tutto il mondo, un diverso modello, secondo cui il franchisee non si limita a gestire un singolo punto vendita, ma è invece autorizzato dal franchisor – ed anzi giuridicamente obbligato, come si vedrà – ad aprire e gestire altri punti vendita in un determinato territorio: si tratta del multi-unit franchising (MUF)

Il MUF si sta affermando sempre più accanto al tradizionale SUF. Si calcola che, nel mondo, oltre il 60% dei punti vendita facenti parte di una rete in franchising siano gestiti attraverso il  MUF.

Negli USA – il paese che, come è noto, ha dato origine al franchising e nel quale tale contratto si è più sviluppato – stà sempre più prendendo piede, e in alcuni settori – come ad esempio la ristorazione “veloce” (quick service restaurant, QSR), come Subway- il MUF e più diffuso del SUF, raggiungendo una percentuale superiore all’80%.

Anche in Italia il modello del MUF si stà sempre più affermando, non solo nel settore food ma anche in altri settori, come ad esempio centri estetici, centri fitness, società di servizi etc…

Un’ulteriore evoluzione del MUF è costituita dal c.d.  Multi Brand Franchising (MBF): in questo caso un franchisee viene autorizzato ad aprire units anche in altre reti in franchising, che possono essere a loro volta gestite dallo stesso franchisor o da differenti franchisors, anche in concorrenza tra loro. In quest’ultimo caso – che è senz’altro il più estremo, o se vogliamo di frontiera, del MBF, e pone delicati problemi di concorrenza e tutela della riservatezza sotto il profilo giuridico – ad esempio un franchisee di McDonalds potrebbe aprire diversi punti vendita non solo sotto tale brand ma anche sotto quello di KFK o Dunkin’ Donuts, utilizzando perfino la stessa location per svolgere l’attività per diverse reti

Il MUF è particolarmente utilizzato nella fase iniziale di sviluppo della rete in franchising, ma viene impiegato anche nella fase di maturità, spesso in combinazione con il modello tradizionale SUF e con il Master franchising.

Le ragioni del successo della formula del MUF sono molteplici: in sintesi essa permette infatti, rispetto al modello tradizionale di franchising:

  • un tasso di sviluppo e un grado di penetrazione nel mercato maggiori e più accelerati;
  • una maggiore condivisione finanziaria e dei rischi tra franchisor e franchisee;
  • una maggiore capacità di accesso ai finanziamenti da parte dei franchisee;
  • una maggiore possibilità da parte dei franchisee di evitare la competizione di altri affiliati in una data area;
  • maggiori economie di scala per i franchisee per quanto concerne l’acquisto di prodotti , il costo di servizi etc.;
  • maggiori risparmi di costi per i franchisor in termini di recruiting, formazione etc.

2.L’Area Development Agreement: caratteristiche e vantaggi

All’interno del modello MUF, un ruolo di primaria importanza è rivestito dall’Area Development Agreement (ADA), che è sempre più utilizzato anche in Italia. L’Area Developer (AD) è un franchisee al quale il franchisor concede il diritto-obbligo di aprire e gestire altri punti vendita diretti in una determinata area, per un determinato periodo di tempo e secondo un determinato piano di sviluppo, in esclusiva. Ogni punto vendita aperto dall’AD è regolato da un distinto contratto di franchising con il franchisor.

A differenza di quanto accade nel Master Franchising, l’AD non ha il diritto di concedere in sub-franchising il franchise package (cioè di concludere a sua volta altri contratti di franchising con sub-affiliati), ma solo di aprire propri franchise units, di sua proprietà. Quindi mentre il Master Franchisee è il vero e proprio alter ego del franchisor in un determinato territorio, assumendo tutta una serie di obblighi e compiti tipici del franchisor (recruiting, servizi, marketing, servizi agli affiliati etc.), venendo remunerato dai sub-affiliati attraverso entry fees, royalties e acquisto beni, l’AD è una sorta di “mega-franchisee”, al quale vengono richiesti sostanzialmente solo i capitali necessari per aprire i punti vendita previsti nell’ADA.

L’apertura delle varie franchise units da parte dell’AD nel territorio determinato avviene secondo un determinato Development schedule, regolamentato in dettaglio nel contratto di ADA. In esso sono previsti la dimensione geografica del territorio, il cronoprogramma di apertura, l’ambito di esclusiva, le conseguenze del mancato rispetto del programma etc. In ogni caso, è generalmente richiesto il consenso del franchisor per l’aperura delle varie franchise units, sia pure sulla base di criteri predeterminati.

Non è infrequente che il franchisor si riservi nell’ADA il diritto di aprire proprie units nel territorio riservato all’AD, in determinate aree strategiche (ad esempio aeroporti, stazioni, campi sportivi, parchi etc.).

Tipicamente l’AD corrisponde al franchisor una development fee al momento della conclusione dell’ADA, la quale rappresenta il corrispettivo per la concessione dei diritti di sviluppo nel territorio in esclusiva ed à generalmente inferiore alla fee corrisposta da un Master Franchisee. Tale fee può essere corrisposta interamente all’inizio del rapporto o in occasione dell’aperura dei singoli PV previsti nel developement plan. Sono poi previste ulteriori franchise fees al momento dell’apertura delle singole franchise units, generalmente in misura proporzionalmente ridotta rispetto alle entry fees e royalties pagate nell’ambito di un tradizionale modello SUF.

I vantaggi che lo schema dell’ADA offre sia al franchisor che all’AD  sono molteplici:

  • Essendo i punti vendita controllati dall’AD, il livello di uniformità e aderenza agli standard della rete sono generalmente più elevati rispetto a quanto si verifica nel SUF;
  • gli AD, pur non essendo facilmente sostituibili come un qualsiasi area manager alle dipendenze del franchisor, danno generalmente maggiori garanzie di affidabilità, essendo la loro retribuzione strettamente legata alla performance da essi prodotta, e quindi avendo un coinvolgimento diretto nella rete;
  • il franchisor può in questo modo ottimizzare e ridurre i costi di selezione, formazione, marketing e supply chain, affidando tale incarico ad un unico soggetto che conosce il mercato di riferimento ed è generalmente più esperto ed affidabile di un single unit franchisee;
  • l’AD  può contare sull’esclusiva in un ampio territorio che gli consente di non soffrire la concorrenza di altri franchisees, e su fees e royalties inferiori a quelle che corrisponderebbe per le singole franchise units o nell’ambito di un Master Franchising.

3.Come strutturare in modo ottimale un ADA

Di centrale importanza per garantire il successo di un ADA e per minimizzarne i rischi, sono due aspetti.

In primo luogo, occorre procedere ad un’accurata selezione dell’AD, che deve fornire adeguate garanzie al franchisor non solo in termini di capacità ed esperienza ma anche in termini di capacità finanziaria, in conformità con il programma di apertura delle franchise units concordato. Per tale motivo, generalmente l’AD è costituito da un investitore (spesso in forma societaria) di dimensioni notevoli, organizzativamente e finanziariamente ben strutturato, dotato di esperienza e che ha già avuto successo nel mercato e/o nel settore di riferimento.

Sotto questo profilo, le elevate dimensioni e struttura che un AD può raggiungere (e che crescono all’aumentare dei punti vendita gestiti dallo stesso AD) possono influenzare in modo rilevante lo stesso franchisor, incidendo nella governance della rete e condizionando la fase di interruzione dei contratti di franchising (si pensi in particolare agli obblighi di non concorrenza post contrattuali.

In secondo luogo, occorre predisporre in modo molto preciso e realistico il Development schedule, evitando in particolare di concedere all’AD  un territorio troppo ampio per un periodo di tempo consistente, con il rischio di ritardare lo sviluppo della rete e/o di pregiudicarne l’immagine. Naturalmente deve essere evitato anche il pericolo opposto, cioè quello di concedere all’AD un territorio esclusivo troppo ristretto. Sarà a tal proposito opportuno ovviamente studiare accuratamente il mercato di riferimento e, pianificare il piano di sviluppo prevedendo una serie di steps successivi, in modo da verificare l’andamento dell’attività dell’AD e porvi gli opportuni rimedi. 

A tal proposito, generalmente negli ADA viene previsto che, qualora, per le più varie ragioni, il programma di apertura delle franchise units non dovesse essere rispettato dall’AD, prima di arrivare alla risoluzione del contratto vi sono  diversi passaggi intermedi, quali la riduzione proporzionale del territorio concesso in esclusiva o la perdita dell’esclusiva. Viceversa, qualora l’AD completi il piano di sviluppo in anticipo rispetto a quanto previsto o comunque sia in linea con la previsione contrattuale, possono essere previsti diritti di opzione o di prelazione per l’estensione del territorio in esclusiva.

I diversi modelli organizzativi adottabili per lo sviluppo di una rete in franchising – che possono anche coesistere tra di loro, a seconda delle fasi di sviluppo della rete – comportano delle scelte e quindi delle implicazioni manageriali rilevanti.

L’uso di SUF e MUF, laddove attentamente pianificato, può influire in maniere positiva sulle performance dell’intera rete e sulla capacità di questa di relazionarsi con l’ambiente in cui opera. Per tale ragione, è opportuno che il franchisor valuti accuratamente il modello da seguire nel percorso di crescita della rete, avvalendosi di esperti del settore per analizzare attentamente correttamente obiettivi e caratteristiche della propria rete in franchising.

Sempre sul tema del franchising internazionale, già pubblicati: Espandere la rete in franchising all’estero: analizzare gli aspetti fiscali e legali; Espandere la rete in franchising all’estero: le modifiche al franchise concept.

 

Avv. Valerio Pandolfini

Avvocato Consulenza legale Franchisor

 


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Autore dei contenuti

Avv. Valerio Pandolfini
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