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scioglimento contratto franchising

Franchising: le conseguenze dello scioglimento del contratto

6 Maggio 2020/in Contratto franchising, News

Scioglimento del contratto di franchising

Verificatosi lo scioglimento, per qualsiasi ragione, del contratto di franchising, Il franchisor deve preoccuparsi di evitare che la clientela tenda ad identificare l’ex franchisee con il prodotto e la sua azienda produttrice e che, nei casi più gravi, l’ex franchisee svii parte della clientela verso la concorrenza.

E’ quindi opportuno, nell’interesse del franchisor, prevedere che l’ex franchisee cessi di presentarsi alla clientela nella veste di appartenente alla rete, al fine di evitare di ingenerare confusione nella stessa clientela circa il soggetto al quale rivolgersi per ottenere la fornitura dei prodotti o l’assistenza tecnica.

Per evitare o diminuire le conseguenze dell’“associazione mentale” operata dai clienti tra il franchisee che operava nella loro zona ed i prodotti del franchisor, generalmente si prevede:

  •  il divieto per l’ex franchisee di continuare a commercializzare i prodotti, salvo il completamento della fornitura di prodotti già ordinati dai clienti;
  • il divieto per l’ex franchisee di continuare ad utilizzare il marchio, i segni distintivi e il materiale pubblicitario del franchisor;
  •  l’assunzione da parte del franchisor degli obblighi di garanzia nei confronti dei clienti, salvo che si preveda che tale obbligo continui ad essere in capo all’ex franchisee (nel qual caso il franchisor dovrà continuare a fornirgli il materiale di ricambio e l’assistenza tecnica).

Una clausola che può essere molto utile nei contratti di franchising per impedire che il know how e l’assistenza prestata dal franchisor vadano a vantaggio dei concorrenti dopo lo scioglimento del rapporto, è il patto di non concorrenza post-contrattuale. Con questa pattuizione, il franchisee si obbliga a non svolgere attività in concorrenza con quella esercitata dal franchisor, per un certo periodo di tempo dopo il termine del contratto.

In tal modo, il franchisor può evitare che il franchisee, dopo la fine del contratto, riacquistando la possibilità di gestire in modo autonomo la propria impresa, eventualmente anche nello stesso ramo commerciale e nella stessa zona in cui operava durante il rapporto di franchising, gli sottragga la clientela con la quale aveva avuto contatti in precedenza, o comunque sfrutti le conoscenze e l’esperienza acquisita nell’ambito della rete in franchising a suo vantaggio, danneggiando conseguentemente l’intera rete.

Tuttavia, frequentemente l’obbligo di non concorrenza post contrattuale ha anche un’altra finalità, indiretta ma non meno importante; esso serve anche come deterrente nei confronti di una estinzione anticipata del contratto da parte del franchisee. Quest’ultimo infatti, sapendo di non poter (legittimamente) esercitare la stessa attività che svolgeva nella rete per un certo periodo di tempo dopo il termine del rapporto con il franchisor, è disincentivato a fuoriuscire dalla rete, e, al contrario, incentivato a rimanervi, magari rinnovando il contratto; ciò soprattutto se ha effettuato elevati investimenti, o non ha possibilità di esercitare attività diverse da quelle svolte quando era parte della rete.

Per effetto dell’obbligo di non concorrenza post-contrattuale, il franchisee non può esercitare attività in concorrenza con quella esercitata nell’ambito del contratto di franchising, a prescindere dal fatto che si tratti di concorrenza sleale o meno. In altri termini, anche se l’attività concorrenziale è svolta con mezzi leciti (e quindi non si tratta di concorrenza sleale) il patto in questione vieta comunque al franchisee di svolgere tale attività.

Si noti tuttavia che tale patto ha precisi limiti di validità imposti dalla normativa comunitaria (su questo tema ci soffermeremo in un prossimo articolo).

Tra le problematiche che si presentano successivamente allo scioglimento del contratto di franchising, vi è quella delle eventuali merci giacenti presso il franchisee al momento dello scioglimento del rapporto. Non è, infatti raro che, al termine del contratto, permangano presso il franchisee quantitativi anche ingenti di scorte invendute.

In via generale non sussiste alcun obbligo giuridico che imponga al franchisor il riacquisto delle giacenze. Tuttavia, il rispetto del principio della buona fede contrattuale di cui all’art. 1375 del codice civile – inteso come obbligo di salvaguardare l’utilità altrui nei limiti di un non apprezzabile sacrificio – può obbligare il franchisor a riacquistare le scorte del franchisee al momento dell’estinzione del rapporto, dato che in questo caso il sacrificio del franchisor per riacquistare le merci dal franchisee è di gran lunga inferiore a quello che quest’ultimo affronterebbe in caso di mancato riacquisto.

Tale obbligo può in particolare sussistere nei seguenti casi:

  •  qualora le merci siano giacenti presso il franchisee per effetto di accordi imposti dal franchisor e sotto le direttive di quest’ultimo;
  • qualora l’entità dello stock sia stata fissata in misura esorbitante rispetto alle capacità finanziarie del franchisee o rispetto al tempo medio di rotazione del settore;
  • qualora lo stock sia stato rinnovato dal franchisee in prossimità della scadenza contrattuale, e lo stesso franchisee confidava in buona fede nel rinnovo del contratto;
  •  in caso di risoluzione del contratto per inadempimento del franchisor.

Restano, viceversa, esclusi dall’obbligo di riacquisto i beni acquistati di propria iniziativa dal franchisee, oppure quelli acquistati da quest’ultimo in pendenza di scioglimento del rapporto, soprattutto se in misura anomala rispetto alle partite usualmente ordinate.

E’ comunque opportuno disciplinare espressamente tale aspetto nel contratto di franchising, prevedendo, ad esempio, un’opzione di acquisto dello stock in favore del franchisor ad un prezzo predeterminato (ad esempio pari al prezzo originario di vendita), da esercitarsi entro un determinato arco temporale, decorso il quale il franchisee potrà rivendere direttamente i prodotti sul mercato, entro un determinato limite di tempo, usufruendo dei segni distintivi del franchisor.

Nonostante che al momento dello scioglimento del contratto di franchising il franchisee sia esposto al rischio di perdere gran parte della clientela di cui disponeva in costanza del rapporto – dato che quanto più il franchisee abbia affermato il nome del franchisor e della sua catena, tanto più la clientela cercherà verosimilmente lo stesso prodotto presso altri franchisee, vanificando l’avviamento – ove nulla sia previsto nel contratto, non può ammettersi alcuna pretesa del franchisee in ordine alla perdita dell’avviamento.

Si è tuttavia ritenuto che sussista un legame tra indennità di clientela e patto di non concorrenza, e che quindi possa spettare al franchisee un diritto in ordine alla clientela qualora quest’ultimo, a seguito dell’estinzione del rapporto, sia obbligato ad astenersi dallo svolgere attività concorrenziali nei confronti del franchisor. In presenza di una clausola di non concorrenza, il divieto da essa previsto dovrebbe, dunque, comportare un corrispondente diritto in capo al franchisee ad un corrispettivo ad hoc, oppure ad un’indennità di clientela. Per eliminare incertezze su tale profilo, è comunque opportuno disciplinare espressamente tale aspetto nel contratto.

L’art. 5 2° comma della L. n. 129/2004 dispone che l’affiliato è tenuto, sia durante che dopo la cessazione del contratto, ad osservare e a far osservare ai propri collaboratori e dipendenti un obbligo di riservatezza circa il contenuto dell’attività oggetto dell’affiliazione commerciale. La ratio della previsione è quella di tutelare la segretezza del know-how dell’affiliante rispetto ad eventuali iniziative fraudolente dell’affiliato, il quale intenda sfruttare abusivamente le conoscenze acquisite nel corso della durata del contratto.

La violazione di tale obbligo sarà fonte per il franchisor del diritto al risarcimento dei danni, i quali, in assenza di un’apposita clausola penale, dovranno essere valutati alla luce della specifica violazione e delle conseguenze da essa derivanti; essendo, in ogni caso, di difficile quantificazione. L’affiliato è tenuto al risarcimento nei confronti dell’affiliante in caso di violazione dell’obbligo di riservatezza a prescindere dalla dimostrazione che la violazione è intervenuta a causa del fatto illecito di un terzo (ad esempio, un ex dipendente infedele), salvo i casi di forza maggiore o il caso fortuito.

 

Avv. Valerio Pandolfini

Avvocato Consulenza legale Franchisor

 


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Le informazioni contenute nel presente articolo hanno carattere generale e non sono da considerarsi un esame esaustivo né intendono esprimere un parere o fornire una consulenza di natura legale. Le considerazioni e opinioni di seguito riportate  non prescindono dalla necessità di ottenere pareri specifici con riguardo alle singole fattispecie descritte. Di conseguenza, il presente articolo non costituisce un(né può essere altrimenti interpretato quale) parere legale, né può in  alcun modo considerarsi come sostitutivo  di una consulenza legale specifica.

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Avv. Valerio Pandolfini
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