Abuso di dipendenza economica e franchising: l’AGCM apre procedura contro Mc. Donald’s
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (“AGCM”) ha avviato un’istruttoria nei confronti di McDonald’s per presunto abuso di dipendenza economica, su segnalazione di alcuni ex affiliati in franchising alla rete McDonald’s, i quali avevano gestito ristoranti in diverse regioni italiane tramite contratti di affitto di azienda e/o franchising. Tali segnalazioni riguardano una serie di condotte poste in essere da McDonald’s in tutte le fasi della relazione commerciale con gli affiliati, da quella precedente la stipula del contratto a quella successiva alla sua cessazione. Il procedimento avviato dall’AGCM testimonia inequivocabilmente il rinnovato interesse dell’Autorità nei confronti dell’istituto dell’abuso di dipendenza economica, in particolare nel settore del franchising. Analizziamo le caratteristiche dell’abuso di dipendenza economica e le sue applicazioni nella giurisprudenza, in particolare applicata ai contratti di franchising.
1.L’istruttoria dell’AGCM per abuso di dipendenza economica
Con decisione del 27 luglio 2021, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (“AGCM“) ha avviato un’istruttoria nei confronti nei confronti di McDonald’s Development Italy LLC (McDonald’s) per presunto abuso di dipendenza economica.
L’AGCM si è attivata su segnalazione di alcune società che avevano operato quali affiliate in franchising alla rete McDonald’s, gestendo ristoranti in diverse regioni italiane tramite contratti di affitto di azienda e/o franchising, poi cessati.
Tali segnalazioni riguardano una serie di condotte poste in essere da McDonald’s in tutte le fasi della relazione commerciale con gli affiliati, da quella precedente la stipula del contratto a quella successiva alla sua cessazione.
Il procedimento avviato dall’AGCM contro contro McDonald’s – che dovrebbe concludersi entro l’anno in corso – segue di pochi mesi un analogo procedimento avviato nei confronti del gruppo Benetton, di cui abbiamo parlato in un altro articolo(ad oggi non ancora concluso), e testimonia inequivocabilmente il rinnovato interesse dell’Autorità nei confronti dell’istituito dell’abuso di dipendenza economica, in particolare nel settore del franchising.
1.2 Le condotte del franchising nella fase precedente la conclusione del contratto di franchising
Nella fase antecedente l’instaurazione del rapporto di franchising, sono tate evidenziate dai segnalanti una serie di condotte, le quali evidenziano come i futuri affiliati alla rete McDonald’s si trovassero già in una condizione di totale assenza di potere negoziale e di alternative di scelta. In particolare, in tale fase sono stati evidenziati:
- l’obbligo imposto ai futuri affiliati di effettuare, interamente a loro carico, un periodo di formazione presso ristoranti del gruppo McDonald’s, a tempo pieno, di durata compresa tra i sei mesi e i due anni e notevolmente oneroso, in esito al quale non vi sarebbe stata peraltro alcuna garanzia di poter effettivamente diventare un affiliato in franchising;
- l’assenza di informazioni, durante il periodo di formazione, relative alla gestione economico finanziaria dei ristoranti, alla redditività media, ai termini e alle condizioni del contratto, all’ubicazione del ristorante assegnato;
- la possibilità di prendere visione del contratto soltanto in occasione della stipula presso uno studio notarile, e l’impossibilità di negoziarne i contenuti o di apportarvi modifiche.
1.3 Le clausole del contratto di franchising
I segnalanti lamentano una serie di condizioni contrattuali particolarmente gravose, contenute nel contratto di franchising e/o di affitto di azienda, tali da limitare notevolmente i margini di autonomia degli affiliati nelle proprie scelte di gestione imprenditoriale, nonostante l’elevato capitale di rischio investito.
In particolare, si evidenziano:
- corrispettivi gravosi in favore del franchisor, a titolo di entry fee, royalties, contributi per la promozione, condizioni economico-finanziarie e operative, costi di investimento globale, incluse le richieste di fideiussioni, manutenzione e le riparazione dei beni acquistati dall’affiliato, spese condominiali dei locali in uso, etc.;
- partecipazione alle attività di formazione e delle relative spese di viaggio, indennità e soggiorno; obbligo di investimenti pubblicitari minimi calcolati sul fatturato lordo;
- obbligo di mantenere la propria residenza entro determinati limiti chilometrici;
- obbligo di dedicare tutta la propria attività lavorativa esclusivamente alla gestione dei locali;
- obbligo di rispettare il divieto di non concorrenza per tutta la durata del contratto e per un anno dalla data di cessazione di quest’ultimo, sull’intero territorio nazionale;
- obbligo di rispettare il divieto di cambiamento della compagine sociale dell’affiliato, se non dietro preventiva approvazione dell’affiliante;
- assenza di esclusiva territoriale e rinuncia a qualsiasi pretesa in merito ad eventuali pregiudizi derivanti dall’apertura di altri ristoranti McDonald’s;
- obbligo di rispettare tutte le politiche, pratiche e tecniche aziendali del franchisor, per una uniforme e omogenea gestione di tutti i ristoranti;
- obbligo di utilizzare gli strumenti informatici necessari a rispettare le norme, le prassi, le procedure e il sistema McDonald’s;
- obbligo di rispettare la politica di prezzo omogenea per tutti gli affiliati alla rete e di attenersi ai prezzi consigliati, nonché di comunicare preventivamente al franchisor eventuali variazioni;
- obbligo di rispettare termini e condizioni delle promozioni di volta in volta proposte dal franchisor e di utilizzare esclusivamente i materiali pubblicitari e promozionali e i programmi forniti dal franchisor e da esso precedentemente approvati;
- mancanza di diritto a indennizzi o compensi per qualunque causa e motivo, alla cessazione del rapporto contrattuale, inclusa la perdita dell’avviamento;
- concessione del diritto di opzione in favore del franchisor per l’acquisto di beni materiali di proprietà dell’affiliato, con rinuncia di questi ad ogni diritto relativo a differenze positive tra il valore delle attrezzature ed il valore di queste alla scadenza, risoluzione o scioglimento anticipato del contratto.
1.4 Le condotte contrattuali del franchisor nel corso del rapporto
Nelle segnalazioni pervenute si evidenzia come, nel corso del rapporto contrattuale, gli affiliati alla rete McDonald’s fossero obbligati a conformarsi a pervasivi dettami, indicazioni, istruzioni e direttive del franchisor concernenti la gestione dei ristoranti condotti in locazione, che avrebbero prodotto l’effetto di “azzerare completamente qualsiasi margine di autonomia decisionale nell’esercizio dell’attività di impresa”.
In particolare, a tal proposito è stato segnalato:
- l’obbligo di conformarsi rigorosamente e puntualmente alle decisioni assunte in materia di prezzi di vendita dei prodotti offerti ai consumatori, indipendentemente dalla specifica situazione di mercato e ubicazione dei ristoranti;:
- l’obbligo di utilizzare, con riferimento alle attrezzature, alle materie prime e a tutti i prodotti necessari all’esercizio dell’attività, esclusivamente i fornitori autorizzati dal franchisor, a costi di gran lunga superiori a quello applicati da altri fornitori;
- l’obbligo di acquistare e riassortire quantitativi di prodotti predeterminati discrezionalmente dal franchisor, con ordini gestiti centralmente e automatici, sempre da fornitori autorizzati dal franchisor e a costi anch’essi superiori rispetto a quelli di mercato;
- la limitazione della libertà di scelta degli affiliati con riferimento alla consistenza dell’organico dei ristoranti, alle qualifiche e agli orari di lavoro, anche indipendentemente dalle effettive necessità dei locali;
- il rispetto di determinati parametri finanziari nella gestione (rapporto debt to equity, rapporto tra cash flow e finanziamenti, rapporto tra vendite e passività correnti), che indurrebbero l’affiliato a destinare gli utili all’aumento del capitale.
1.5 Condotte del franchisor al termine del rapporto contrattuale
E’ stato infine segnalato che al momento della scadenza, risoluzione o scioglimento anticipato del contratto, gli affiliati alla rete McDonald’s si trovassero nell’impossibilità di recuperare in alcun modo gli investimenti effettuati, con riferimento sia ai beni materiali che all’avviamento.
In particolare, a tal proposito è stato segnalato che:
- risulterebbe impossibile la “riconversione” delle attrezzature tecniche a favore di altre affiliazioni o attività commerciali, essendo unicamente possibile il loro riacquisto dal franchisor a prezzi irrisori (book value), consentendo allo stesso franchisor di poter successivamente rivendere le stesse attrezzature ad un nuovo affiliato subentrante, lucrando sugli investimenti effettuati dal precedente affiliato;
- non sarebbero consentiti indennizzi o compensi per qualsiasi causa alla cessazione del contratto.
1.6 Le valutazioni preliminari dell’AGCM
Alla luce di tali segnalazioni, l’AGCM ha ritenuto di aprire un’istruttoria, in quanto le condotte sopra evidenziate sono suscettibili di costituire un abuso di dipendenza economica da parte di McDonald’s nei confronti dei suoi affiliati.
Tali condotte avrebbero, infatti, da un lato, significativamente eroso gli spazi di autonomia imprenditoriale degli affiliati e, dall’altro, ne avrebbero compresso i margini di profittabilità, impedendo di passare ad altri network di ristorazione o ad altre attività analoghe maggiormente redditizie.
Ad avviso dell’Autorità sembra sussistere un “eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi” nei rapporti tra il franchisor e i suoi affiliati, alla luce di diversi elementi sintomatici riguardanti in particolare:
- la diversa posizione di mercato delle parti del contratto;
- la stipula di un contratto al quale l’affiliato poteva soltanto aderire, senza possibilità di modifiche;
- la durata prolungata del contratto (venti anni);
- le difficoltà per l’affiliato, al momento della cessazione del rapporto, di recuperare l’investimento effettuato, anche attraverso l’affiliazione ad altra catena, con conseguente impossibilità di reperire sul mercato alternative al rapporto contrattuale con il franchisor.
L’AGCM intende quindi verificare se tali condizioni e obblighi possano risultare “ingiustificatamente gravosi” e “non indispensabili all’organizzazione del network McDonald’s e alla protezione del suo brand o degli altri beni del sistema”.
Inoltre, secondo l’AGCM, l’uniformità delle politiche commerciali imposte ai franchisee potrebbe limitare la concorrenza intrabrand tra i ristoranti della catena McDonald’s e le condotte che hanno come effetto il trasferimento al franchisor dei ritorni economici degli investimenti effettuati dai franchisee determinerebbero un illecito vantaggio a favore di McDonald’s, potenzialmente in grado di incidere anche sulla concorrenza interbrand.
2.In che cosa consiste il divieto di abuso di dipendenza economica?
L’abuso di dipendenza economica è descritto dall’art. 9 della L. n. 192/1998 come la situazione in cui un’impresa è in grado di determinare un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi nei rapporti commerciali con un’altra impresa, tenuto conto anche della reale possibilità per l’impresa che subisce l’abuso di reperire sul mercato alternative soddisfacenti. Dunque, tale fattispecie si realizza quando ricorrono due presupposti:
- la possibilità di determinare nei rapporti commerciali con la controparte un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi, in virtù del potere di dominio che un’impresa è in grado di esercitare sull’altra in conseguenza dei rapporti commerciali in essere;
- la reale possibilità, per l’impresa dipendente, di reperire sul mercato alternative soddisfacenti.
In definitiva, la dipendenza economica costituisce la traduzione, in termini giuridici, di una situazione monopolistica, o quasi monopolistica, nella quale una impresa viene a trovarsi nei confronti di un’altra. Essa consiste in un deficit di potere contrattuale – cioè nella ridotta o annullata capacità di ottenere condizioni contrattuali favorevoli – determinato dalla difficoltà o impossibilità di reperire alternative sul mercato di riferimento, al quale corrisponde il potere dell’impresa contrattualmente forte, di determinare un eccessivo squilibrio di diritti e di obblighi tra le parti.
La norma in esame tipizza tre ipotesi che costituiscono le manifestazioni più rilevanti dell’abuso di dipendenza economica, ovvero:
- il rifiuto di vendere o di comprare;
- l’imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose o discriminatorie;
- l’interruzione arbitraria delle relazioni commerciali.
3.Quali sono le conseguenze dell’abuso di dipendenza economica
Quando si verifica una situazione di abuso di dipendenza economica, si producono due tipi di conseguenze:
- sul piano civilistico, l’accordo con il quale si è realizzato l’abuso di dipendenza economica è nullo, con il conseguente diritto al risarcimento del danno in capo dell’impresa che ha subìto l’abuso;
- sul piano amministrativo, l’AGCM può, ai sensi della L. n. 287/1990, irrogare all’impresa che ha abusato della dipendenza economica di un’altra sanzioni pecuniarie fino al 10%del fatturato totale dell’impresa stessa, qualora non ottemperi al provvedimento di diffida emanato dalla medesima Autorità.
4.Abuso di dipendenza economica e franchising
Sebbene la la L. n. 192/1998 riguardi la subfornitura industriale, l’abuso di dipendenza economica è ormai considerata una figura applicabile, in via generale e trasversale. a qualsiasi rapporto contrattuale tra imprese sorretto da logiche di decentramento produttivo, nei quali si rinvenga una situazione di asimmetria negoziale (come è, tra l’altro, inequivocabilmente confermato dalla originaria collocazione della norma all’interno della legge antitrust). I contratti di franchising rientrano quindi pienamente nell’ambito applicativo della norma in esame.
In effetti, i contratti di franchising contengono molto spesso clausole notevolmente restrittive della concorrenza e dell’autonomia imprenditoriale del franchisee; la lista prima indicata, su cui si è concentrata l’attenzione dell’AGCM nel caso del contratto utilizzato da Benetton, è ben esemplificativa della situazione di evidente squilibrio contrattuale che caratterizza, in modo generale e strutturale, la gran parte dei modelli contrattuali di franchising utilizzati da tempo nella prassi (molto spesso di derivazione anglo-americana, in linea con l’ambito geografico in cui si è storicamente sviluppato l’istituto).
I contratti di franchising sono quindi fisiologicamente caratterizzati dalla dipendenza economica dei franchisee nei confronti del franchisor. Al franchisee è chiesto di adeguarsi al particolare sistema di produzione e distribuzione che caratterizza la rete in franchising, e dunque ad adeguarsi alle direttive del franchisor per ciò che attiene ai prodotti e servizi da acquistare, rivendere e fornire, l’allestimento dei locali, l’uso di software, la pubblicità, l’utilizzo del marchio, e così via.
Non a caso, uno dei tratti caratterizzanti del franchising è proprio la omogeneità della rete in franchising stessa; i franchisee sono strettamente connessi con il franchisor, e sono integrati verticalmente con quest’ultimo, tanto che agli occhi del pubblico l’affiliato appare come l’alter ego dell’affiliante.
La situazione di dipendenza economica dell’affiliato è poi accentuata dalla presenza (pressoché immancabile) all’interno dei contratti di franchising di una clausola di esclusiva a favore del franchisor, che impedisce all’affiliato di reperire sul mercato alternative al rapporto con la controparte, determinando o rafforzando la posizione di dominanza relativa del franchisor
Dunque, è possibile affermare che qualsiasi rapporto di franchising è intrinsecamente caratterizzato da una situazione di dipendenza economica degli affiliati nei confronti dell’affilianti. Ma ciò non significa, ovviamente, che tale situazione di dipendenza debba considerarsi illecita. Al contrario, essa deve presumersi assolutamente lecita; come è inequivocabilmente confermato non soltanto dalla tipizzazione dell’istituto operata dalla L. n. 129/2004, ma anche, e soprattutto, dalla patente di legittimità che il franchising ha sempre ricevuto dalle autorità comunitarie, in ambito antitrust.
Invero, a partire dalla sentenza Pronuptia del 1986, le (numerose) clausole restrittive della concorrenza contenute nella gran parte dei contratti di franchising – quali ad esempio gli obblighi imposti all’affiliato a tutela del marchio e della proprietà intellettuale dell’affiliante, l’imposizione di determinate modalità per l’attività di vendita, gli obblighi di esclusiva, etc. – sono sempre state ritenute conformi ai principi antitrust, ed anzi considerate con particolare favore in chiave di integrazione dei mercati nazionali.
Ciò essenzialmente perché, all’esito di un bilanciamento, in base alla c.d. rule of reason, le restrizioni concorrenziali presenti nei contratti di franchising sono considerate nel loro complesso suscettibili di apportare benefici al mercato, essendo in tal modo consentito a imprenditori sprovvisti dell’esperienza necessaria di avvalersi di metodi che essi avrebbero potuto acquisire solo dopo una lunga e laboriosa ricerca e di giovarsi della reputazione del segno distintivo del franchisor.
D’altra parte, non è senza significato il fatto che tali clausole non soltanto siano accettate liberamente dall’affiliato – il quale, è bene ricordarlo, riveste sempre la qualifica giuridica di imprenditore, e non di consumatore – nel momento in cui lo stesso sottoscrive (liberamente) un contratto di franchising, ma che siano state (rectius, dovrebbero essere) adeguatamente valutate e soppesate dall’aspirante affiliato prima della sottoscrizione del contratto, dato che la L. n. 129/2004 sull’affiliazione commerciale – con una norma che rappresenta un unicum nell’ambito dei contratti di impresa – impone al franchisor, come è noto, di fornire al futuro franchisee una serie di informazioni, oltre che la copia del contratto di franchising, almeno 30 gg. prima dell’effettiva sottoscrizione del contratto stesso.
6.Le fattispecie tipiche di abuso di dipendenza economica nel franchising
Il fatto che i contratti di franchising siano fisiologicamente caratterizzati dalla dipendenza economica del franchisee non significa, tuttavia, che tale situazione possa essere sempre considerata lecita. L’art. 9 della L. n. 192/1998 vieta infatti (non già la dipendenza economica in quanto tale, bensì) l’abuso della dipendenza economica di un’impresa ai danni di un’altra. Occorre quindi analizzare quando tale abuso possa essere realizzato dal franchisor ai danni del franchisee, integrando così la fattispecie prevista dalla norma.
Nell’ambito del franchising, possono ricorrere tipicamente due delle fattispecie tipiche descritte dall’art. 9 L. n. 192/1998 nelle quali può realizzarsi l’abuso di dipendenza economica del franchisor ai danni del franchisee:
- l’interruzione arbitraria delle relazioni commerciali;
- l’imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose.
La prima fattispecie – che può realizzarsi allorché il franchisor receda ad nutum dal contratto (avvalendosi di una facoltà prevista nel contratto stesso), o si rifiuti di rinnovare la validità del contratto – una volta scaduto il primo periodo di validità dello stesso, o uno dei periodi successivi – non costituisce oggetto dell’istruttoria aperta nei confronti Mc. Donald’s: sulla stessa rinviamo pertanto alle considerazioni espresso in altro contributo.
La seconda fattispecie di abuso di dipendenza economica che può ricorrere nell’ambito dei contratti di franchising – che è appunto la fattispecie tenuta in considerazione dall’AGCM nel caso Mc. Donald’s – è quella consistente nella l’imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose.
Sotto questo profilo rilevano non tanto – o comunque non soltanto – la gravosità delle condizioni contrattuali, ma anche (e soprattutto) la loro ingiustificabilità. Occorre quindi sostanzialmente valutare se le restrizioni della libertà contrattuale imposte dall’affiliante all’affiliato siano giustificate dalle legittime esigenze del franchisor di assicurare la stabilità e l’uniformità della rete in franchising, e, in particolare, finalizzate a proteggere il know-how trasmesso gli affiliati, la cui esistenza e validità costituisce l’architrave su cui si fonda la legittimità del franchising.
In altri termini, occorre valutare se tali clausole siano effettivamente funzionali al raggiungimento degli scopi insiti nel contratto di franchising – e quindi a tutelare l’uniformità e l’immagine della rete, oltre che il know-how sviluppato dal franchisor- o se invece siano finalizzate ad assicurare un ingiustificato arricchimento del franchisor ai danni dell’affiliato.
In questo senso, ad esempio:
- il divieto al franchisee di svolgere un’attività concorrente , pur limitandone pesantemente la libertà imprenditoriale, non è ingiustificatamente gravoso se funzionale allo scopo di impedire la divulgazione del know-how della rete e proteggere il franchisor dal pericolo di uno sviamento della clientela a favore dei concorrenti;
- l’obbligo per l’affiliato di vendere esclusivamente prodotti forniti dal franchisor e il diritto di quest’ultimo di controllare l’assortimento di tipologie merceologiche offerte al franchisee, non è ingiustificato se necessario a garantire che il cliente possa trovare presso ogni negozio affiliato merce della stessa qualità, e quindi a tutelare la reputazione della rete;
- l’obbligo dell’affiliato di non cedere l’attività senza il consenso del franchisor non è eccessivamente gravoso se mira ad evitare che i concorrenti si giovino indirettamente del know-how e dell’assistenza del franchisor, aprendo un punto vendita negli stessi locali in cui operava precedentemente l’affiliato;
- l’obbligo per l’affiliato di applicare esclusivamente i metodi commerciali elaborati dal franchisor non è eccessivamente gravoso se è giustificato dall’esigenza di assicurare l’unitarietà della rete,
e così via.
7.L’abuso di dipendenza economica nella giurisprudenza
Finora la giurisprudenza, pur riconoscendo, nella sua parte maggioritaria, l’applicabilità dell’art. 9 L. n. 192/1998 anche ai contratti di franchising, ha sempre negato l’esistenza di una posizione di dipendenza economica dell’affiliato nei confronti dell’affiliante, non ravvisando gli estremi dell’abuso di dipendenza economica nei termini indicati nella norma e conseguentemente rigettando le relative domande proposte dai franchisees.
Il principale motivo per il quale le istanze di tutela degli affiliati sono state disattese dai giudici – al di là della scarsa dimestichezza e/o della non corretta o superficiale applicazione e interpretazione del norma sull’abuso del divieto di dipendenza economica – risiede nella negativa valutazione circa la possibilità, per l’affiliato, di reperire sul mercato alternative soddisfacenti. In altri termini, la giurisprudenza ha finora ritenuto – sia pure con motivazioni spesso assai stringate, superficiali ed approssimative – che l’affiliato, pur in presenza di una situazione di oggettivo eccessivo squilibrio contrattuale, avesse la possibilità di trovare alternative migliori o comunque valide sul mercato, rispetto a quelle rappresentate dal franchisor.
In realtà, l’analisi di molti contratti di franchising utilizzati nella prassi mostra come l’affiliato sia spesso tenuto ad effettuare investimenti non facilmente reinvestibili o convertibili in un altro futuro ed eventuale rapporto. Ogni franchisor, infatti, adotta generalmente un sistema distributivo diverso rispetto a quello degli altri franchisors esistenti sul mercato, per cui il franchisee è costretto ad acquisire conoscenze ed a compiere investimenti che risulteranno utili soltanto nei rapporti con quel determinato franchisor, e difficilmente riutilizzabili nei confronti di altri imprenditori che si avvalgano di diversi sistemi.
In altri termini, l’affiliato viene – fisiologicamente – a trovarsi nella situazione di non poter profittare di soddisfacenti alternative sul mercato. Tali alternative, pur presenti in astratto, richiederebbero la perdita di quegli investimenti e di quelle conoscenze, e dunque divengono sostanzialmente non accessibili per l’affiliato.
Inoltre, l’affiliato è spesso un imprenditore non molto esperto o avveduto, se non un vero e proprio new-comer del mercato, e dunque non è in grado di valutare l’effettiva presenza di altre offerte sul mercato. Tale valutazione richiede, invero, capacità e skills non sempre alla portata degli affiliati, o comunque la necessità di incaricare consulenti esterni, i cui costi spesso non sono abbordabili per gli affiliati.
Tuttavia, l’analisi circa la possibilità degli affiliati di reperire valide e soddisfacenti alternative sul mercato – ai fini dell’accertamento della condizione di dipendenza economica nei confronti del franchisor – deve essere condotta non via astratta bensì caso per caso, e in modo rigoroso, attraverso una valutazione oggettiva e soggettiva del mercato rilevante – sotto il duplice profilo del mercato merceologico e del mercato geografico – e la constatazione della presenza in esso di alternative – in termini di canali distributivi o di acquisto alternativi – con i criteri propri del diritto antitrust.
Ai fini di tale analisi, occorre dunque valutare:
- sotto il profilo oggettivo, le caratteristiche economiche della singola rete in franchising e del mercato in cui essa si svolge;
- sotto il profilo soggettivo, se l’affiliato possa considerare – sulla base di criteri economici e imprenditoriali – l’alternativa presente sul mercato rilevante ragionevole, alla luce dei costi eventualmente necessari per cambiare partner commerciale o distribuire il prodotto attraverso diversi canali.
Fermo restando che, come evidente, più ampio sarà il mercato di riferimento maggiori saranno le possibilità che sullo stesso vi siano alternative.
In sostanza, la valutazione della situazione di dipendenza economica dell’affiliato presuppone, una volta individuata l’alternativa sul mercato, la determinazione del costo concorrenziale che lo stesso dovrebbe affrontare per utilizzare tale alternativa, ovvero la ricostruzione dei costi complessivi di commutazione (trasporto, perdita di clientela, riconversione dei macchinari, etc.), che il franchisee dovrebbe affrontare per affiliarsi ad un’altra rete in franchising.
In concreto, quindi, la dipendenza economica dell’affiliato sussisterà non solo qualora i costi dell’alternativa rispetto al franchisor siano tali da mettere in gioco la sopravvivenza stessa della sua impresa, ma anche quando tali costi siano superiori a quelli ordinariamente sopportati dai concorrenti dell’affiliato, e, quindi, l’alternativa possa essere perseguita solo a condizione di accettare uno svantaggio concorrenziale.
Avv. Valerio Pandolfini
Avvocato Consulenza legale Franchisor
Abbiamo una vasta esperienza nella consulenza e assistenza legale nel franchising.
Abbiamo assistito numerose reti in franchising, nella predisposizione/revisione dei contratti di franchising.
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